Dall'oggi al domani la delegazione di Forza Italia a livello ministeriale non c'è più. Scomparsa. Dissolta. Svanita. I ministri per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta, per gli Affari regionali e autonomie Mariastella Gelmini e per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna hanno pensato bene di togliere il disturbo. Hanno lasciato il loro partito. Ma, per ricordo, hanno conservato il seggio parlamentare e la poltrona ministeriale.
Per quanto concerne il seggio parlamentare, il sullodato trio può invocare a salvaguardia della cadrega l'articolo 67 della Costituzione, secondo il quale «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Anche se non è mai stato un bel vedere la transumanza da una parte all'altra, soprattutto da parte di chi grazie al partito ha avuto cariche politiche e istituzionali di prim'ordine per un considerevole numero di anni. Tanto per non fare nomi e cognomi, un loro collega di partito, Elio Vito, di recente ha lasciato pure lui Forza Italia. Ma per coerenza ha rassegnato le dimissioni da deputato, visto e considerato che il partito gli aveva garantito il seggio per un gran numero di legislature. E le dimissioni, Vito non le ha certo date con la speranza che fossero respinte. Tant'è che non ha fatto mistero di considerarle irrevocabili.
Ma il terzetto di cui sopra non solo non ha lasciato la Camera dei deputati, ma è anche rimasto tranquillamente al proprio posto ministeriale senza avvertire la correttezza di dimettersi. D'altra parte, nulla vieta che ci si dimetta da un governo dimissionario. Esiste almeno un precedente. Il ministro degli Esteri del governo dimissionario presieduto da Mario Monti, Giulio Terzi di Sant'Agata, il 26 marzo 2013 si dimise perché contrario alla decisione del presidente del Consiglio di far tornare in India i due fucilieri. Dimissioni presentate addirittura dopo l'insediamento, il 15 marzo 2013, delle nuove Camere. L'articolo 95 della Costituzione prevede sì una responsabilità dei ministri sia collegiale sia individuale per gli atti dei loro dicasteri. Ma ciò non esclude una responsabilità politica a 360 gradi.
Fatto sta che i tre ministri restano come se nulla fosse in carica in quota Forza Italia nei rispettivi dicasteri. E con uno sdoppiamento di personalità degno del capolavoro di Robert Louis Stevenson, al tempo stesso la Gelmini e la Carfagna, ministri double face, saranno candidate alle elezioni politiche da un altro partito. E cioè da quell'Azione di Carlo Calenda fresco alleato di un Pd dal quale Forza Italia ha sempre preso le distanze. Ora, recitare due parti in commedia è un po' troppo. Perciò le due ministre dovrebbero avvertire il buon gusto di dimettersi.
In tal caso non sarebbero sostituite da esponenti di Forza Italia perché un governo dimissionario non può procedere a un rimpasto. Perciò l'unica soluzione sarebbe quella dell'interim. A beneficio del presidente del Consiglio o di altri ministri.
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