Negli ultimi giorni sono sbarcati in Sicilia, tra Augusta e Porto Empedocle, oltre 600 migranti e malgrado ci possano essere rischi evidenti di contagio e nuovi focolai virali le operazioni di ripartizione degli stranieri negativi al tampone anticovid sono iniziate. Nessun impedimento per l'accoglienza, anzi. Già nella prima settimana di luglio, considerando l'incremento degli sbarchi autonomi e i movimenti delle Ong, il Viminale ha dato prova di non perdersi d'animo provvedendo velocemente a concedere ai comuni un sostanziale incremento di posti. E si è prodigato a mettere in campo contratti di audit per i colloqui da tenere con i richiedenti asilo e impegni di spesa per i nuovi servizi di supporto. Per l'attivazione di questi programmi, messi a punto in quest'ultima settimana, sono stati spesi in totale 44 milioni di euro. Somma la cui cifra più sconcertante è di 22,5 milioni per aumentare di 857 posti i servizi di accoglienza integrata Sai. Vale a dire che conti alla mano l'impegno finanziario per ogni immigrato accolto è di poco più di 26 mila euro (26.288 per l'esattezza) per circa 6 mesi di progetti. Tanto varrebbe trovare a costui un lavoro e retribuirlo per quel che produce, sostenendolo con uno stipendio: una sorta di reddito di immigrazione.
Qesti soldi vengono impegnati anche per quegli immigrati che dopo il colloquio - e i dati annoverati negli anni lo danno per certo - diventeranno clandestini perché senza requisiti per ottenere il permesso di soggiorno. Non bisogna dimenticare infatti che a questa entità appartengono circa il 60 per cento dei proponenti domanda di asilo e protezione internazionale. Invece i programmi in questione hanno un unico scopo: «Il rafforzamento della capacità di accoglienza, inclusione sociale e accompagnamento». Chi arriva viene ripartito di diritto, dopo il periodo di quarantena e la successiva disposizione nei centri Cas, nel sistema Sai, quello dell'accoglienza e integrazione. Che siano richiedenti asilo o titolari di protezione temporanea.
Il Sai è costituito dalla rete degli enti locali che incassano le risorse direttamente dal Viminale. A oggi saranno 51 i comuni cui andranno dai 350 mila ai 750 mila euro ciascuno, ubicati per lo più nelle regioni del Sud: Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia ma anche Emilia Romagna. Ecco cosa prevedono i progetti: tirocini formativi con la possibilità di riconoscimento di una indennità per la frequenza ai partecipanti, supporto all'inserimento lavorativo, riconoscimento di titoli di studio e qualifiche acquisite nei paesi di origine, assistenza legale e orientamento amministrativo e promozione dell'accesso ai servizi per l'impiego. Altrettanto la pubblica amministrazione del comune, con i fondi intascati, potrà provvedere anche a «supporto alle attività formative ed eventualmente lavorative, ticket restaurant, tutoring, spese di viaggio, conseguimento di eventuali patentini e abilitazioni specifiche». Benefit di cui nessuno studente italiano impegnato in corsi di formazione ha mai certamente usufruito, ma non è certo finita qui: se un immigrato desidera prendere la patente di guida, ecco pronto il benefit per scuola, esame e documento.
Ma oltre ai 22,5 milioni il pamphlet comprende anche un altro milione e 300 mila euro dedicati agli audit per la richiesta di soggiorno, ulteriori 9 milioni e 998 mila euro per fronteggiare situazioni emergenziali e ancora altri 10 milioni tondi da elargire ai progetti già in itinere dei migranti in seconda accoglienza ovvero riguardanti percorsi di inclusione.
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