C'è il sorpasso cinese. E la fabbrica Tesla chiude per 15 giorni

La fabbrica ha aperto i battenti da meno di quattro mesi ma deve già chiudere per almeno due settimane

C'è il sorpasso cinese. E la fabbrica Tesla chiude per 15 giorni

La fabbrica ha aperto i battenti da meno di quattro mesi ma deve già chiudere per almeno due settimane. Il che ha permesso al più famoso tabloid tedesco, la Bild, di titolare: «Tesla-choc». Parliamo della Giga Factory voluta a Grünheide, alle porte di Berlino, da Elon Musk, il patron sudafricano della multinazionale statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche. La produzione appena avviata del Model Y, il crossover suv con batteria a ioni di litio, si è rivelata troppo lenta, obbligando gli ingegneri di Tesla a fermare lo stabilimento per ripensare la catena di montaggio. I pezzi prodotti sarebbero solo mille la settimana, ossia un decimo di quanto programmato. Il guaio è nei tempi: ogni componente resta oggi almeno tre minuti in ogni stazione di produzione contro i 30 secondi previsti dalla tabella di marcia. Una lentezza che ha obbligato lo stabilimento appena inaugurato a lavorare su tre turni produttivi, anziché due.

A rendere difficoltoso l'assemblaggio delle auto elettriche più famose al mondo ci sarebbe poi la questione dei motori che non sono prodotti in sede ma arrivano dalla Cina. Al pari di un gran numero di aziende tedesche, anche Tesla sarebbe insomma incappata in un collo di bottiglia industriale; una strozzatura dei processi produttivi dettata dagli arrivi a singhiozzo dei componenti prodotte a Shanghai; nella Repubblica popolare cinese le autorità stanno combattendo l'ennesima ondata di coronavirus con lockdown estremamente rigidi, con ripercussioni a catene su produzione ed export. Con l'aggravante che le autovetture in teoria già pronte per la consegna devono essere modificate per la presenza di alcuni difetti. Si tratterebbe, scrive ancora la Bild, dello stesso malfunzionamento al sistema di chiamata di emergenza automatica (eCall) che in queste ore ha obbligato il marchio a richiamare 59mila pezzi fra Model Y e Model 3 prodotti in diversi stabilimenti mondiali. Il calo produttivo dell'impianto tedesco è destinato ad accrescere le preoccupazioni di Musk che solo a giugno ha definito le fabbriche Tesla ad Austin, in Texas, e in Brandeburgo «delle gigantesche fornaci che bruciano soldi», mentre Shanghai stenta a raggiungere la piena operatività. E dire che sulla Giga Factory di Grünheide lo stesso Musk aveva molto scommesso, facendo avanzare la costruzione dell'impianto prima ancora di ricevere la piena luce verde dalle diverse autorità competenti. Il «varo» di Grünheide, che nei piani dell'imprenditore sudafricano sarebbe dovuta avvenire a novembre 2021, si è tenuto alla presenza del cancelliere tedesco Olaf Scholz il 22 marzo, ossia appena 18 giorni dopo l'ottenimento dell'ultimo timbro necessario da parte del governo del Brandeburgo. E se anche la fabbrica riuscirà a prendere ritmo assicurando la produzione di 500mila nuovi pezzi l'anno, i guai per Musk e Tesla non sono ancora finiti. Da un lato Grünheide soffre per la carenza di manodopera qualificata. Ai 4.

500 lavoratori già assunti se ne aggiungono fra i 400 e i 500 al mese; non abbastanza per raggiungere l'obiettivo di 9mila addetti entro la fine del 2022. Il tutto mentre BYD, colosso automobilistico cinese, ha superato Tesla diventando il più grande produttore di veicoli elettrici al mondo per vendite.

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