"C'è un vento garantista. Noi non ci arrendiamo"

L'ex pm e presidente del comitato per il Sì: "Questo Parlamento non farà vere riforme"

"C'è un vento garantista. Noi non ci arrendiamo"

Carlo Nordio, presidente del Comitato per il Sì e noto ex magistrato, non intende mollare la presa sulla necessità di riformare la Giustizia.

Un'occasione mancata, non trova?

«Un'occasione mancata senza dubbio. Ma la disaffezione alle urne dei cittadini va ben oltre l'evento referendario, che molti avranno considerato astruso e, per loro, di scarso significato. Se in grandi città come Palermo e Genova vota meno della la metà dei cittadini per la scelta del sindaco, questo vuol dire che si affidano, per disinteresse o pigrizia, al voto altrui. E come è legittima la loro nomina, altrettanto è significativa, benché senza quorum, la conta dei voti del referendum».

C'è stato un boicottaggio palese?

«Non credo si debba parlare di boicottaggio. Piuttosto trovo scorretto, e sleale, che le astensioni vengano equiparate a un No. Chi si astiene non si pronuncia e basta. Tant'è vero che su alcuni quesiti, come quelli sulla custodia cautelare e la Legge Severino, che toccavano argomenti sensibili come la sicurezza e la corruzione, il voto è stato differenziato, e i no sono stati numerosi».

Come pensa che ora si possa riformare il sistema Giustizia?

«L'aspetto più importante è stata la maggioranza schiacciante dei Si sull'ordinamento giudiziario, la separazione delle funzioni e il CSM. Il legislatore dovrà tenerne conto nelle prossime riforme, che dovranno tendere alla piena attuazione del codice accusatorio voluto da Giuliano Vassalli nel 1989. Questo codice è stato imbastardito dal legislatore e demolito dalla stessa Corte Costituzionale. Il paradosso è che esso porta la firma di un eroe partigiano decorato, e tuttavia è incompatibile con la Costituzione, che si dice nata dalla Resistenza, mentre il codice penale, firmato da Mussolini e dal re, gode ancora di buona salute. Quindi, in prospettiva, la vera riforma è una nuova Costituente».

Adesso diranno che il popolo si è espresso e che il sistema non può essere riformato?

«Magari lo diranno. Ma la verità che il popolo si è disinteressato. Certo c'è la guerra, la crisi economica e un residuo di pandemia. Ma forse c'è una profonda delusione verso la politica in generale».

Però un vento garantista esiste.

«Certo, e ne siamo orgogliosi, anche perché le battaglie più nobili son quelle più difficili, e noi sappiamo che le condizioni per una vittoria non erano le più propizie. Ma le battaglie si fanno perché ci si crede, non per trarne vantaggi immediati. E a lungo andare avremo una giustizia più garantista».

La palla passa al Parlamento. Confida in questa o nella prossima legislatura?

«Questo Parlamento non ha né il tempo, ne la volontà né la forza politica per attuare una vera riforma. La ministra Cartabia ha agito sostanzialmente bene, nella giusta direzione, ma più di tanto non può fare. Per questo occorre confidare nella prossima legislatura».

Avete fatto qualche errore?

«Errori se ne fanno sempre, ma più che errori credo ci sia stata poca comunicazione. Ma, ripeto, non grido ai complotti. C'è la guerra e la crisi economica. E poi giornali e Tv danno ai cittadini quello che i cittadini vogliono, e in questo periodo erano, e sono, più interessati a queste due disgrazie».

Un messaggio a chi ha creduto in questa battaglia.

«Quello che diceva Churchill: Never give in. Mai arrendersi, mai. E continuare, se necessario per anni, se necessario da soli».

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