La cabina di regia è una farsa. Quirinale sempre più irritato

Il gabinetto di guerra di Conte è in perenne ritardo I timori di Colle e Bankitalia: governo senza bussola

La cabina di regia è una farsa. Quirinale sempre più irritato

Conte fa tutto da solo. Mancano poche ore alla presentazione in consiglio dei ministri del «decreto liquidità». È la mossa di aprile del governo per rispondere al deserto economico, ai negozi chiusi, alle fabbriche ferme, al turismo fantasma, a chi sta a casa e non lavora, a chi domani si chiede se avrà ancora un lavoro, a chi non ha più soldi per fare la spesa. È la ricerca di soldi per non dover mettere sull'Italia in cartello fallimento. L'impressione è che ci si stia muovendo con un certo ritardo. Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti stanno già muovendo i soldi per evitare il crack. L'Italia sembra ancora ferma alle buone intenzioni. Il virus qui è arrivato prima, la risposta economica dopo. Conte fa capire che non potevamo permetterci di pensare subito ai soldi, perché la preoccupazione più urgente è sopravvivere. L'Italia sta ancora combattendo contro la morte. Su questo non gli si può certo dare troppo torto. La «ricostruzione» è un tema che il governo fatica ad affrontare. I motivi sono anche politici.

È sera e a distanza c'è un confronto tra Federico D'Inca, ministro per i Rapporti con il Parlamento, i sottosegretari Simona Malpezzi, Gianluca Castaldi, Antonio Misiani e Laura Castelli e i capigruppo di Camera e Senato dei partiti d'opposizione. Più tardi si fa vedere anche Roberto Gualtieri, il ministro dell'Economia.

È un tavolo tecnico sul decreto. Chi la chiama cabina di regia pecca di ottimismo. La realtà è che il confronto è minimo. I rappresentanti del governo si limitano a raccontare le misure che intendono prendere. Non c'è dialogo. L'opposizione fa le sue proposte. La più importante sono i 100 miliardi di garanzie bancarie per piccola impresa, artigiani e commercianti. Si parla anche di reintroduzione dei voucher e di abolizione del minimo contributivo Inps. D'Inca e Gualtieri ne prendono atto e si limitano a dire «vi faremo sapere». Lo spirito di collaborazione che tanto sta a cuore a Mattarella è una finzione. Nessuno in questo momento vuole fare polemiche, ma se si parla con Tajani, Salvini o la Meloni si nota un certo scetticismo. Il decreto, dicono, è pronto, ma di fatto non ci hanno coinvolto. Non c'è stato uno scambio di idee. Tutto scorre seguendo la linea della pura formalità. Ma per adesso niente polemiche.

Questo ha a che fare con l'atteggiamento di Conte. Il premier, si è capito, non ama lavorare molto con gli altri. Vede ogni confronto come una limitazione, come un tentativo di imbrigliare o sminuire il suo ruolo. Si sente il protagonista di questa stagione tragica e tende a non fidarsi. Il confronto è con un ristretto gruppo di persone. Non esiste, attenzione, un partito di Conte. Quello che c'è è un gabinetto di guerra del presidente del Consiglio. Il discorso che fa è più o meno questo: la responsabilità è mia e mi assumo il dovere delle scelte. I dubbi, per alleati e avversari, sono sulla capacità dell'ex avvocato del popolo di sostenere un ruolo alla Churchill.

Zingaretti e il Pd non ne sono affatto convinti. Da qui viene la richiesta sempre più pressante di un commissario per la ricostruzione. È una questione di fiducia. Il Pd non ne ha. Renzi ancora di meno. I Cinque Stelle vanno per conto loro e indicano nel reddito di cittadinanza l'unica soluzione. Nessuno però se la sente davvero di cambiare in corsa. Il risultato è che all'interno della maggioranza le frizioni stanno diventando quotidiane. Non si segue una strategia. Conte infatti sta sul fronte del palco, ma alla fine non è neppure un decisionista. Gualtieri, più fedele al Pd e all'Europa che al premier, si mostra ancora più cauto. Il risultato è che i decreti economici assomigliano a pezze d'appoggio piuttosto improvvisate. Questo preoccupa sia il Quirinale sia la Banca d'Italia.

Mattarella e Visco da settimane chiedono azioni più incisive. Ci sarebbe anche l'Europa. Solo che lì la situazione resta in stallo. I tempi sono lunghi e le posizioni distanti. Anche questa volta i nostri difficilmente arriveranno.

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