Cambia la strategia sanitaria: tamponi solo a chi ha sintomi

Stabilita una linea diversa per ridimensionare l'allerta e per focalizzarsi maggiormente sulle persone a rischio

Cambia la strategia sanitaria: tamponi solo a chi ha sintomi

Milano - Contrordine, sui tamponi si cambia linea. Queste le nuove disposizioni arrivate ieri mattina dal Consiglio Superiore di Sanità che ha stabilito che i tamponi verranno effettuati solo sui pazienti sintomatici. «Il numero dei tamponi eseguiti a oggi è di 9.462 unità, un numero consistente» ha spiegato il capo della Protezione Civile e Commissario straordinario per il coronavirus, Angelo Borrelli. Ma il dato più significativo forse è che «più del 95 per cento ha avuto esito negativo», ha spiegato Franco Locatelli, direttore del Consiglio superiore di sanità. Un dato significativo anche per ridimensionare l'allerta e la fobia che si sta scatenando oltre confine nei confronti degli italiani, dei lombardi e dei veneti in particolare considerati «untori pericolosi». Le classifiche, infatti, parlano ieri dell'Italia, con 374 contagi e 12 morti, del terzo paese al mondo per contagi dopo Cina e Corea del Sud. Così sono molti i paesi in Europa ma non solo ad aver chiuso le frontiere o aver posto restrizioni all'ingresso dei passeggeri provenienti del nostro Paese.

Il direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia spiega che «il cambiamento di strategia che prevede di effettuare meno tamponi non significa che diminuisce l'attenzione, ma solo che ora ci si vuole focalizzare sulle persone che possono eventualmente necessitare di sorveglianza o, nei casi meno numerosi di complicazioni, nelle persone che possono avere bisogno di attenzione ospedaliera. Al momento dell'individuazione del primo caso, quello del 38enne, che è anche un caso anomalo di polmonite virale in una persona giovane e in buona salute, è scattata l'allerta - riferisce l'esperto - perché è risultato positivo al coronavirus e quindi si è provveduto a fare il test a tutti i contatti, anche quelli asintomatici. Questo perché, non essendo stato individuato il paziente zero, era necessario avere un'idea dell'estensione dell'infezione. Ad oggi, dato che sono state limitate le aree dei focolai, la strategia è cambiata anche per avere una maggiore focalizzazione sulle persone a rischio, e quindi di non correre il rischio di fare tamponi negativi» con uno spreco di risorse pubbliche.

Il problema è che il tampone negativo non esclude al 100 per cento il contagio. «Non è escluso - spiega Maga - che la persona possa essersi infettata pochi giorni prima». Per evitare di incappare nei casi in cui il virus non è ancora rilevabile, «ci si concentra sui casi sintomatici in modo da poter discriminare le persone che hanno altre infezioni rispetto a quelle che effettivamente hanno il coronavirus. È l'approccio che è stato utilizzato anche negli altri paesi». Come la Francia che ha effettuato solo 300 test.

Forse in Italia c'è stata anche una comunicazione troppo diretta, non «filtrata» diciamo, all'origine di questa psicosi. «Il rischio - spiegava il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana - è quello di avere i numeri più alti perché vengono fatti più tamponi, ma anche perché finora sono stati comunicati direttamente.

Noi abbiamo fatto un lavoro serio, è chiaro che i numeri sono alti, ma non devono spaventare anche perché dei 259 contagiati in Lombardia, i ricoverati sono solo 73 vuol dire che la gran parte è asintomatico o ha sintomi talmente leggeri che non ha bisogno di particolare cure».

Già martedì l'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera aveva annunciato un cambio di marcia nella comunicazione: «D'ora in poi sarà l'Istituto superiore di Sanità a certificare il risultato del test».

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