Il candidato Zuckerberg: "Pace e globalizzazione"

Messaggio sul social network del suo fondatore Nuovo indizio dell'ambizione a guidare gli Usa

Il candidato Zuckerberg: "Pace e globalizzazione"

Mark Zuckerberg, il Grande Fratello di Facebook, come prossimo presidente degli Stati Uniti? A giudicare dal tono politico-messianico della lunga lettera spedita al pianeta via Facebook dal fondatore del social più frequentato al mondo si direbbe che proprio questo è il progetto del giovanotto in perenne T-shirt. Più che di consigli per gli acquisti, il suo è già un discorso sullo stato dell'Unione, una visione profetica con un deciso retrogusto elettoralistico. E allo stesso tempo un missile terra-aria contro il dirigibile Trump che ha appena mollato gli ormeggi verso quella future-land di cui i due tycoon - uno più stagionato, l'altro ancora in erba, ma non meno potente e agguerrito - vanno tracciando il profilo.

Due modi diametralmente opposti di leggere il futuro, naturalmente. Quello di Trump rivolto all'ombelico della nazione, con un approccio prudente, tradizionalista, intessuto di protezionismo e di isolazionismo. Mentre la terra promessa del trentaduenne Mark, presidente e amministratore delegato di Facebook, 56 miliardi di dollari di patrimonio secondo Forbes, è nella «comunità globale», ovviamente internettizzata, dove lui si vede già nei panni sgargianti del domatore, in pantaloni bianchi, redingote rossa e cilindro. Curioso, tuttavia, che l'appello arrivi proprio nel momento in cui Facebook è assediato dalle critiche di chi ritiene che il social presti il fianco alla disinformazione, alimentando quel magmatico mondo di «fake news» capaci di fare il giro del mondo e di essere scambiate per vere.

Il mondo propugnato da Zuckerberg, è quello della «comunità globale». Solo così, sostiene il giovane Mark, potremo «diffondere prosperità, libertà, pace, progresso e sconfiggere il terrorismo, il cambiamento climatico e la povertà. Per progredire l'umanità deve unirsi, come se fosse una comunità globale». Impossibile, naturalmente, in una visione siffatta, prescindere da un fenomeno come Facebook. Anche se lui, con fair play, minimizza. «La mia speranza è di costruire nel lungo termine una infrastruttura sociale per unire una comunità informata, sicura, impegnata dal punto di vista civico. Tutte le soluzioni non arriveranno solo da Facebook, ma noi potremo giocare un ruolo, credo». E ci mancherebbe.

Il mondo, le relazioni che gli umani hanno allacciato finora - dalle chiese alle piazze ai bar sport ai comizi - hanno fatto il loro tempo. Saranno i social a rafforzare il tessuto sociale anziché disintegrarlo. Secondo Zuckerberg, i problemi globali di oggi - dal terrorismo alla povertà, dall'emergenza migranti ai disastri naturali - non possono essere affrontati dai singoli stati. Ci penseranno i social. O qualcuno davvero pensa, si domanda retoricamente l'ineffabile Zuckerberg, di fare a meno della sua mirabolante creatura? «Facebook aiuta le persone a rischio suicidio mettendoli in contatto con gli amici, Facebook ha attivato il Safety check quando c'è un attentato, Facebook ha raccolto 15 miliardi per le vittime del terremoto in Nepal». Insomma, da Facebook non si scappa. Coraggio dunque, è la Parola di Zuckerberg. Recitiamo tutti insieme l'atto di fede nell'«intelligenza artificiale».

Quanto alle fake news e alle nefandezze veicolate da Facebook (dalla propaganda di organizzazioni terroristiche ai suicidi in diretta fino a certi filmati scabrosi o offensivi) niente paura. Sbagliamo tutti. Siamo umani. Ma il rimedio è lì, nell'intelligenza artificiale. Basta crederci. O attrezzarsi per resistere al Grande Fratello.

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