La Caporetto dei professori in ritirata

di Giordano Bruno Guerri

A Palermo si profila la Caporetto degli esami di maturità. A due giorni dalle prove, che interessano ben 11.000 studenti e 302 commissioni esaminatrici, sono venuti a mancare 27 presidenti, uno ogni undici. Tranquilli, non si tratta di una strage o di un'epidemia, ma di piccoli problemi medici o di altra natura risolvibili in qualche giorno. Gli stessi problemi che hanno colpito ben 118 commissari, uno ogni sette. Guidano la robusta pattuglia degli assenti i docenti di italiano, commissari esterni in quasi tutte le commissioni. Gli uffici addetti stanno lavorando sodo, in queste ore, per sostituire gli accidentati, perché senza commissari e presidenti gli esami non si possono fare: in questo caso con il comprendibile «disappunto» degli esaminandi. Si tratta della prova suprema del loro percorso di studi, più ancora della laurea, dagli esiti scontati. Invece la mitica prova della maturità, incubo di generazioni di studenti, non comporta affatto la promozione sicura al cento per cento, e chiude anche simbolicamente un'infanzia e un'adolescenza trascorse sui banchi.

È il vero passaggio all'età adulta, più del compimento dei 18 anni: è il giorno in cui da allora in poi nessun insegnante ti potrà rimproverare come un ragazzino sventato dicendoti a bacchetta cosa puoi e cosa non puoi fare, anche nei piccoli movimenti quotidiani. Aspettiamo i dati nazionali, ma è immaginabile che il problema non riguardi soltanto la Sicilia. Ora, il sospetto-certezza con tutta la comprensione per i malati veri è che molti docenti siano stati scoraggiati dalle novità nel sistema di valutazione, specialmente per la prova scritta di italiano, che è domani. Quindi, mentre gli allievi affrontano la prova suprema della loro vita scolastica, buona parte dei loro maestri non se la sentono di affrontare una prova appena più difficile del solito. Il capitano abbandona la nave per primo, modello Schettino. Sono malpagati, i docenti, è vero, rispetto all'importanza del lavoro che fanno. Lo Stato li tratta male, giustificando la disistima che porta sempre più studenti-cafoni a trattarli anche peggio a maltrattarli come anello debole della catena educativa.

Però mettersi in salvo con la scialuppa di un certificato medico, equivalente allo studentesco e infantile «mia nonna è stata male», aggraverà l'immagine pubblica di tutti i docenti, anche di quelli bravi, ce ne sono parecchi, che davvero prendono il loro lavoro come una missione. In fondo è questo il danno maggiore provocato dagli schettoprofessori.

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