Cara Elena, sei appena più grande dei 5 ragazzi che hanno perso la vita in discoteca. Ieri ci siamo trovati insieme davanti alla tv. E insieme abbiamo visto le immagini della folla inghiottita da se stessa. Ascoltando le testimonianze dei sopravvissuti che un po' sono morti anche loro. I nostri sguardi si sono incrociati per un attimo. Avrei voluto dirti qualcosa. Avresti voluto dirmi qualcosa. Ma nessuno di noi ha parlato. Ma ci siamo capiti lo stesso. Io, forse, comprendendo che sarebbe stato inutile rivolgermi a te con la più «stupida» delle raccomandazioni («Elena, promettimi che ai concerti starai sempre attenta»); tu, forse, comprendendo che sarebbe stato inutile rivolgerti a me con un impegno altrettanto «stupido»: («Papà, te lo prometto»). Frasi «stupide», perché «stare attenti» è sì una condizione necessaria, ma non certo esaustiva per metterci al riparo da rischi, disgrazie, brutte cose che sono come i brutti sogni: arrivano a prescindere dalla nostra volontà. Rubandoci sempre un pezzettino d'anima. Ieri a quei tuoi 5 coetanei è stata rubata addirittura l'esistenza. Diffida da chi ti dice: «È assurdo morire per un concerto di Sfera Ebbasta». Anche questa è una frase «stupida», sputata via dalla slot-machine dei luoghi comuni in cambio di un gettone di banale paternalismo. Un idiota che spruzza spray al peperoncino lo puoi trovare ovunque: anche in metro, sul treno, in aereo, all'università e in mille altri posti che frequentiamo per necessità e non per divertimento. Come se poi, il «divertimento», alla tua età, fosse qualcosa di cui vergognarsi.
Tutto ciò per chiudere questa lettera con una frase «stupida» scritta da un padre «stupido»: «Elena, promettimi che ai concerti sarai sempre attenta». E, ti prego, rispondimi anche tu «stupidamente» con un: «Papà, te lo prometto».
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