Carovita e fuga dalle città: l'ira dei signori nessuno

L'Eliseo ha tutelato i grandi patrimoni dimenticandosi dei bisogni di chi vive in provincia

Parigi «Da quando Macron è al potere è aumentato tutto». La frase più comune tra i «gilet gialli» svela i retroscena della protesta scagliata come un missile sull'Eliseo. Una collera indirizzata sì all'aumento del carburante da gennaio 2019, ma dovuta alla somma di rincari in serie, mescolata alle scelte discutibili di colui che viene percepito come «presidente dei ricchi» o, come ha detto poco tempo fa François Hollande, «dei molto ricchi». Gas, tabacco, costi della burocrazia. Tutto sembra diventato più caro con Macron, soprattutto per chi vive fuori città e deve pagarsi la benzina per andare al lavoro. Davvero 288mila persone sono scese in strada sabato perché una ipnoterapeuta bretone - che per inciso crede alle scie chimiche - ha pubblicato su Facebook un video con 6 milioni di visualizzazioni? Certo, il prezzo del gasolio è aumentato e dal 2019 costerà 6,5 centesimi in più. Ma non è possibile pensare che ad accendere un cocktail già altamente infiammabile sia stata solo una madre di famiglia con uno smartphone.

La 51enne Jacline Mauraud ha interpretato un sentimento senza esserne portavoce ed è diventata il volano terminale di una protesta basata su un mix di disuguaglianza sociale e potere d'acquisto perduto che colpisce lavoratori e pensionati. Non sarebbero bastati i rincari a mettere in piedi la protesta «proteiforme» che ha paralizzato mezza Francia. Alla base c'è il peccato originale di Macron, la soppressione dell'imposta sui grandi patrimoni - salvo quelli immobiliari - decisa a inizio quinquennato. Troppo concentrato sulla detassazione dei beni di lusso, il presidente è scivolato poi sulla diminuzione di cinque euro dell'Apl (Aide Personalisée au Lodgement), vissuto come un calcio in bocca ai più poveri: ovvero il taglio all'aiuto finanziario riservato ai redditi bassi, il colpo più duro da digerire inizio mandato. A forza di subire il Macron-pensiero, simpatizzanti della destra e della sinistra si sono saldati attorno a un sentimento di disuguaglianza, cresciuto di trimestre in trimestre in meno di 19 mesi.

L'abbassamento della velocità sulle strade statali da 90 a 80 chilometri orari per ridurre gli incidenti è stato l'altro passo falso di Macron che tocca la quotidianità di chi non vive a Parigi o in altre metropoli. Quella Francia «periferica» che vive lontano dalle città, dalle comodità dei mezzi pubblici e dalle metropolitane e che si sente abbandonata a se stessa. Il movimento dei gilet gialli è dunque un'idra. Non c'è leadership. Il vero tema è il potere d'acquisto perduto. Vincono i conti dello Stato, perdono i cittadini. Basta leggere uno dei loro forum su Facebook per rendersi conto di quanto la ribellione sia realmente figlia degli aumenti delle imposte, che continuano ad avere un impatto negativo sui sondaggi. Ieri Macron ha toccato il minimo storico: 25 per cento di gradimento personale. La collera degli automobilisti per i rincari ha oltrepassato pure le categorie sociali. Macron, troppo concentrato sui grandi patrimoni, ha perso di vista le esigenze della Francia di frontiera e di quei concittadini tornati a vivere nei paesini a causa del costo della città. L'adesione ai gilet è infatti maggiore nelle zone rurali (75 per cento) rispetto ai comuni urbani (70 per cento). Ed è concreto il rischio che Parigi e le grandi città francesi diventino come Londra, sempre più popolata da stranieri facoltosi e con case vuote, di proprietà di sceicchi o usate come base da magnati della finanza.

Ogni anno in Francia 100mila persone abbandonano infatti i grandi centri. Li chiamano «migranti interni». Hanno lasciato la città per tornare ai piccoli villaggi e oggi si ritrovano di nuovo tartassati.

Un esodo in corso da qualche anno stando ai numeri dell'Insee francese (la nostra Istat): è la cosiddetta «riurbanizzazione». Signori nessuno che insieme sono diventati un movimento; in grado di sfiorare i cancelli dell'Eliseo.

FDR

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