Casal Bruciato va in guerra: "Casa agli italiani, no ai rom"

Proteste e barricate contro una famiglia sinti. Di Maio: «Basta campi rom ma sgomberiamo anche Casapound»

Casal Bruciato va in guerra: "Casa agli italiani, no ai rom"

Stefano Vladovich

Roma «Torre Maura insegna». Proteste, blocchi stradali, barricate. Nella capitale esplode una guerra civile. Rom da una parte, residenti dall'altra. A Casal Bruciato, sulla via Tiburtina, una famiglia rom proveniente da Ciampino, cinque persone, viene cacciata da un caseggiato popolare. «Se entrate qui dentro vi ammazziamo. Vi bruciamo vivi» urlano al capofamiglia, bosniaco. «Sfrattano i cittadini italiani per dare casa ai nomadi - dice Fabrizio Montanini presidente del Coordinamento d'Azione del IV Municipio -, noi non ci stiamo. Siamo discriminati. A Simone de' Torre Maura questo je sta bene?. Agli altri inquilini della case comunale di via Cipriano Facchinetti no. Tanto che quando vedono arrivare la famiglia di nomadi, assegnataria di un alloggio al civico 90, la costringono ad andarsene prima di prenderne possesso. A pochi metri c'è una ragazza che vive da settimane in auto con il figlio di 5 mesi. Noemi è sola e non ha un tetto. Domenica notte entra nell'alloggio comunale. Lo occupa. La polizia, ieri mattina, l'ha fatta sgomberare. E la rabbia dei residenti esplode più forte che mai.

Da La Barbuta a La Monachina, da Castel Romano al maxi insediamento di Salone: oltre 4mila i sinti nei sei campi autorizzati cui si aggiungono quelli che gravitano negli 11 campi tollerati. Centinaia di famiglie che l'amministrazione capitolina sta ricollocando in varie zone della città assegnando alloggi pubblici. Patrizia, mediatrice dell'Opera Nomadi Sinti e Camminanti, parla di forti tensioni sociali. «I nomadi, anche se sono legittimi assegnatari, hanno paura di occupare queste case. Quanti sono? Abbastanza. Solo io ho aiutato a compilare 50 domande indirizzate all'Ufficio speciale casa». Muro contro muro. L'amministrazione Raggi, che promette la cancellazione di tutti i campi rom sparsi per l'area metropolitana entro il 2021, e i romani, da decenni in lista d'attesa per una casa popolare. «Arrivano questi e il Comune assegna le nostre case. E certo che non ci stiamo. C'è gente che aspetta dagli anni '90 e ora si vede scavalcare dai nomadi solo perché vanno sistemati da qualche parte». Antonietta, 85 anni, affronta due militanti di Casapound: «Siete cattivi» dice mentre si avvicina con il cagnolino. «Voi il fascismo non sapete cos'è. Io l'ho vissuto».

Per alcuni sono i sinti dirottati da Torre Angela a Torre Maura quelli che stanno per «invadere» Casal Bruciato e Casalotti, quartiere nella periferia nord confinante con Boccea e Primavalle. Polveriere a cielo aperto in cui basta poco per scatenare una guerra senza precedenti. «Prima gli italiani» grida al megafono Davide Di Stefano, responsabile di Casapound Roma, durante il presidio. «Ci sono altri 20 appartamenti liberi e che potrebbero essere destinati ai rom - racconta Stefania Martelloni del comitato di quartiere IV - e i cittadini hanno paura».

Alla fine la Raggi cede. E il presidente del IV Municipio, Roberta Della Casa, cerca di calmare gli animi. E chiarisce. «La famiglia rom è regolarmente assegnataria. Ora il dipartimento competente sta cercando di ricollocarla altrove. Del resto il bando che assegna un elevato punteggio in casi di forte disagio sociale, come per le famiglie rom, risale al 2012, siglato dall'amministrazione Alemanno. A La Barbuta solo alcune famiglie, una decina, sono idonee per un'assegnazione.

«I fatti di questi giorni - interviene il vicepremier Luigi Di Maio - che stanno coinvolgendo alcune periferie, evidenziano un chiaro problema di ordine pubblico.

Il superamento dei campi rom è doveroso. È una questione». Ma, pone come condizione Di Maio, «sgomberiamo Casapound, così come chiunque occupi in modo illegittimo un'abitazione o uno stabile già assegnato a chi ne ha bisogno».

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