Lo cercavano da quasi un anno, quando la Cassazione aveva reso definitiva la sua condanna a sei anni di carcere. A Londra, nella bella casa tra Chelsea e Belgravia, l'unica traccia erano le bollette accumulate nella casella della posta. Di Francesco Acerbi, broker finanziario di decine di famiglie ricche e ultraricche, sembrava essersi perso anche il ricordo. Invece lo catturano pochi giorni fa nel posto forse più ovvio: nella casa della moglie in uno dei quartieri migliori di Atene. Dove la notizia crea un certo scompiglio, perché in Grecia il nome della signora è un nome importante. Maria Rita Galli, un passato in Italia nei piani alti di Eni, è l'amministratore delegato di Desfa, il colosso che in Grecia gestisce il sistema di trasporto del gas naturale. Già in passato la Galli aveva manifestato il suo disagio per le imprese del marito, ma non ha avuto il cuore di rimbalzarlo quando lui si è presentato a casa sua in cerca di riparo.
Cremasco, 54 anni, cresciuto nella svizzera Corner Bank, Acerbi era stato celebrato nel 2006 da Capital come uno degli emergenti dell'Mfo, «il family office, la formula extralusso del private banking, da sempre abituato a coccolare i personaggi importanti». Nel portafoglio di Acerbi erano finiti uno dopo l'altro nomi importanti del ricco nord: dai Bassetti, ai Polenghi, ai Dainese. Negli atti dei processi a suo carico si dice, citando le indagini della Guardia di finanza, che censiva un patrimonio di 165 milioni di euro gestito per conto di tredici grandi famiglie. Peccato che non solo la Advisory fiduciaria, il braccio operativo di Acerbi e del suo socio Stefano Setti, agisse senza le autorizzazioni necessarie. Ma soprattutto che una buona parte dei clienti di Acerbi fossero lietamente ignari dell'utilizzo che veniva realmente fatto dei loro fondi, e che al momento di provare a tornarne in possesso si trovassero davanti una serie di ostacoli e di scuse («eh, le banche hanno fatto casino») da parte di un Acerbi sempre più inafferrabile. Fino a doversi rassegnare alla verità più dolorosa: i loro soldi erano spariti, e Acerbi insieme a loro. «Le operazioni - si legge nella sentenza - erano state eseguite a completa insaputa e contro il volere delle parti, tramite falsificazione delle rispettive firme sugli ordini di investimento». Una segretaria del broker aveva testimoniato di essere stata istruita a ricalcare le firme dei clienti sugli ordini d'acquisto.
La cattura di Acerbi è stata comunicata al pm Roberta Colangelo, dell'ufficio Esecuzione della Procura milanese, che gli dava la caccia da un anno: non tanto per l'entità della pena da scontare quanto per la gravità dei comportamenti emersi durante il processo, spesso a carico di clienti anziani o sprovveduti. Scrivono i giudici: «Forte di una combinazione tra spregiudicatezza professionale e capacità affabulatoria», quando i clienti cominciano a chiedergli conto dei loro soldi «garbatamente rassicura, temporeggia, addirittura incoraggia incrementi offendo false rappresentazioni». Acerbi, dice la sentenza, fa sparire i soldi «avendo superato ogni remora con il tradimento di un rapporto fiduciario proposto e coltivato».
Ora il broker è in cella ad Atene in attesa di estradizione in Italia, dove oltre ai sei anni di
pena definitiva lo attendono altri due processi: uno per truffa ai danni di un altro cliente, dove è stato condannato in primo grado a un anno; e uno per la bancarotta della Advisory, pena in primo grado tre anni di carcere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.