Il centrodestra sta con Indro: i nuovi talebani vanno puniti

I leader di Fi, Lega e Fdi deplorano l'oltraggio al fondatore del nostro quotidiano. Per una volta, lo fa anche l'Anpi

Il centrodestra sta con Indro: i nuovi talebani vanno puniti

Ha compiuto un miracolo da laico e da morto. Ha federato la destra, che adesso pulisce la sua statua, e allontanato la sinistra sobria dalla sinistra che lui avrebbe chiamato «trinariciuta». È infatti più «colorato» l'elenco di chi difende (attenzione) non il monumento, ma l'uomo e la complessità chiamata Indro Montanelli, rispetto alle sigle, Rete Studenti Milano e LuMe, «sporcaccioni alla memoria», che vogliono rimuovere da Milano un pezzo di Milano, strappare Montanelli dai giardini che rimarranno per sempre «Montanelli». Sono loro che, sui social e con un video, hanno ieri rivendicato la vernice versata di notte, gli insulti («Razzista, stupratore») e che ne chiedono, «ad alta voce, l'abbattimento della scultura». È stata smacchiata, di mattina, da una delegazione di Fdi, il partito di Giorgia Meloni («Ecco i nuovi talebani») che, per una volta, si è trovata accanto chi per statuto le è più lontano, quell'Anpi che ha parlato «di atto odioso contro un grande giornalista». E dunque, se per la leader di Fdi la «statua è stata imbrattata da analfabeti radical chic con la scusa della lotta al razzismo. Figli di papà da individuare e punire magari con qualche anno di lavori socialmente utili così gli passa la voglia di imbrattare», per Roberto Cenati, presidente dell'Associazione partigiani di Milano, «siamo di fronte a una furia iconoclasta che vuole colpire importanti figure della storia». Sono invece solo dei «coglioni e degli ignoranti» per Matteo Salvini che non ha avuto la sorveglianza lessicale di Antonio Tajani che ha preferito ricordare «il grande giornalista gambizzato dalle Brigate Rosse. Imbrattare la sua statua è un gesto vile». Nel «Partito Montanelli», milita anche il capogruppo al senato del Pd, il toscano Andrea Marcucci, convinto che «ignorare la storia, e riscrivere le sentenze è il nuovo passatempo degli estremisti». La Milano di centrodestra si è così compattata intorno all'uomo di «carta». Per Mariastella Gelmini «la vernice è solo l'altra faccia dell'intolleranza» mentre per Licia Ronzulli «una porcheria che va punita». Anna Maria Bernini, sempre di Forza Italia e capogruppo al Senato, ha fatto sponda con la destra che sta un po' più a destra, e come la Meloni, ha avvertito che stanno marciando «professionisti dell'antirazzismo talebano. In un pericoloso mix di ignoranza e stupidità si avanza una nuova frontiera di cattivi maestri e di manovalanza ideologica che strumentalizza la storia senza neppure conoscerla». Perfino Alfredo Bazoli, deputato del Pd che non ama la retorica, si è dichiarato allarmato dal gesto che non è da «controcultura» ma solo «un segnale inquietante di deriva di odio e intolleranza». L'assessore alla Cultura di Milano, Filippo Del Corno, ha invece superato in coraggio il suo sindaco, Beppe Sala, e non ha esitato a utilizzare la parola «squadrista»: «Il vandalo è propriamente, e tecnicamente, uno squadrista». Naturalmente ci sono anche i «benaltristi» come Nicola Lagoia, direttore del Salone del Libro di Torino, secondo cui non bisognerebbe parlare di Montanelli, ma di parità delle donne. Finirà che bisognerà dire grazie a questi fanatici in lotta contro cadaveri e ottoni che per Gad Lerner (sul suo profilo ha postato la foto della statua insozzata) «hanno fatto a Montanelli un favore immeritato.

Il monumento gli sarebbe piaciuto molto di più ridotto così».

Di sicuro, e per dirla alla Montanelli, è merito suo se politici tra loro incompatibili, per un giorno, si sono sentiti «parte di qualcosa e compagni di qualcuno».

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