«Il centrodestra unito in Italia è possibile in Francia invece no»

Gaia CesareMilano «Non sono qui per fare raccomandazioni sulle alleanze, non è il mio compito. Dico solo che la loro strategia di accesso al potere in Italia sta funzionando. Hanno conquistato parecchie regioni, auguro a Salvini di potere estendere la sua influenza». Si tira fuori dallo scontro in corso nella destra italiana Marion Le Pen, la nipote d'arte del Front National che ieri ha chiuso la sua due-giorni in Italia proprio al fianco del leader della Lega Nord, a Milano. Eppure quando dice «loro», la ventiseienne ospite della delegazione della Lega al Pirellone, parla ancora di una destra unita, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini insieme. «Sarebbe impossibile con i Repubblicani di Sarkozy, con cui invece abbiamo divergenze fondamentali sull'Unione europea, sull'emergenza migranti, sull'adesione della Turchia e sui matrimoni gay».Ventisei anni, unica deputata del Fn a sedere in Assemblea nazionale (e infatti di Giorgia Meloni sindaco di Roma e anche mamma dice «è del tutto normale»), Marion festeggia l'avanzata della destra, fresca di vittoria in Germania, convinta che sia la fine di un'Europa dominata da Berlino. «La Germania della Merkel cessa di essere un punto di riferimento. Quando la cancelliera da sola dice di voler accogliere un milione di rifugiati, vuole dire che una volta arrivati in Germania, grazie a Schengen, quei rifugiati possono andare dappertutto. Perciò serve ripristinare le frontiere. Per questo assistiamo alla reazione del popolo contro le élite».Marion vuole la Frexit, cioè un referendum sull'uscita della Francia dalla Ue, vuole l'addio alla moneta unica e a Schengen. Poi tiene a precisare che le unioni omosessuali proprio no, perché rischiano di essere l'anticamera della poligamia. Quanto all'avanzata di Donald Trump negli Stati Uniti, la prediletta di nonno Jean-Marie non ha dubbi: «Porterebbe un cambiamento radicale in politica internazionale, il ritorno dell'isolazionismo americano e il rifiuto delle ingerenze».

Intromissioni che, invece, la Ue accetterebbe con troppa disinvoltura: «Bruxelles si è adeguata alle linee degli Usa. Invece è giusto che si avvicini alla Russia, il Paese europeo più potente, che non può essere vittima di embarghi».

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