La prossima settimana un accordo disastroso verrà firmato con l'Iran. Sarà una sconfitta totale dell'Occidente, una promessa di guerra in tempi in cui si fa di tutto per evitarne un'altra. La guerra di Putin contro l'Ucraina sottrarrà l'attenzione dal nucleare iraniano, e gli ayatollah potranno muoversi felicemente carichi dei soldi delle sanzioni restituite e dell'uranio arricchito al 60 per cento. L'America, dovrà guardare da un'altra parte.
Perchè per gli iraniani la firma sarà un grande successo è presto detto. In termini sommari: dopo il pessimo accordo di Obama del 2015, dall'interruzione del 2018 l'arricchimento dell'uranio è palesemente cresciuto al 60 per cento, rendendolo quasi pronto in quantità sufficiente per la bomba atomica. Inoltre gli iraniani hanno seguitato a costruire centrifughe molto veloci, e hanno anche i mezzi per seguitare a costruirne. In generale, la loro tecnologia belligerante, droni, satelliti, missili, bombardieri nucleari, resta libero regno della fantasia della Guardia Rivoluzionaria.
Inoltre: il 2025 data di conclusione del periodo che secondo il vecchio e probabilmente anche il nuovo trattato segna la proibizione ad arricchire l'uranio in modo adatto alla bomba, è già qui. E a lato di tutto questo, restano fatti interni dell'Iran la sua aggressione militare contro i Paesi Sunniti, la minaccia di morte a Israele, la violazione dei diritti umani. Israele è al centro delle mire genocide della guerra in cui sono implicati Hezbollah (in Libano e in Siria) con 250mila missili e controllo sulla Siria, Hamas (a Gaza e nell'Autonomia Palestinese) che bombarda Israele e gli Houti in Yemen, che bombardano l'Arabia Saudita. Il ritorno dei miliardi bloccati per le sanzioni andranno in gran parte al disegno imperial-religioso degli Ayatollah. Intanto, non c'è notizia che l'Iran sia disposto a trattare direttamente con gli Usa a Vienna, mentre è noto che a gran velocità sta sviluppando nell'area di Natanz una nuova struttura nucleare, protetta dal monte Kuh-e Kolang Gaz che la rende indistruttibile.
Anche se Israele ha ripetuto che non permetterà mai che l'Iran divenga nucleare, il suo silenzio è assordante. Il primo ministro Naftali Bennett, uno dei maggiori nemici del JCPOA quando era nel governo di Netanayahu, si limita a proteste scontate: sa che il governo è troppo frammentato per seguirlo, troppo preoccupato del rapporto con Biden.
I repubblicani americani mancano del punto di riferimeno israeliano, come al tempo di Netanyahu, che nel 2015 sfidò Obama con un discorso al Congresso che risvegliò il mondo intero alla pericolosità della bomba degli Ayatollah che può diventare una tragedia cosmica, peggiore della guerra in Ucraina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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