La chiamata alle armi: 25 Aprile contro la destra

La festa diventa pretesto per la rivincita politica. E "Repubblica" sceglie come bersaglio La Russa

La chiamata alle armi: 25 Aprile contro la destra

Una mobilitazione straordinaria, con un bersaglio ben preciso. Il tam-tam è iniziato da tempo e ora mancano pochi giorni: è un 25 Aprile particolarmente eccitato quello che si preannuncia e si prepara nel 78° anniversario della Liberazione. Sarà la prima volta con un presidente del Consiglio dichiaratamente di destra, e la prima volta con un Pd che è tornato di sinistra-sinistra con Elly Schlein, la giovane segretaria che scalda il cuore dei vecchi nostalgici.

La manifestazione antifascista di un mese fa a Firenze, con Giuseppe Conte (5 Stelle), Maurizio Landini (Cgil) e la stessa Schlein, è stata solo una prova generale. La sinistra già si scalda per un 25 Aprile «storico», e i media più militanti sono in campo. Il «nemico pubblico numero uno» ha le sembianze addirittura «luciferine» del presidente del Senato Ignazio La Russa. E la mobilitazione è ispirata da un unico grande, vero movente ideologico: il senso di rivalsa verso la coalizione che a settembre ha vinto le elezioni, e ora sta al governo e nelle istituzioni.

Il Forum delle associazioni antifasciste e della Resistenza due giorni fa ha diffuso un documento accorato per «un grande 25 aprile per la democrazia e la Costituzione». «Quest'anno - si legge - lanciamo un appello affinché il 25 Aprile sia caratterizzato da una straordinaria partecipazione». Lo firmano le varie sigle del mondo resistenziale, dall'Anpi alle componenti storicamente più vicine al mondo cattolico o liberal-socialista. «Si moltiplicano episodi di violenza e di apologia del fascismo», si legge in quella che sembra una visione allucinata della realtà.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni celebrerà il 25 aprile all'Altare della Patria, con il Capo dello Stato Sergio Mattarella e ai rappresentanti degli altri organi costituzionali. Lo hanno puntualizzato fonti di Palazzo Chigi quasi un mese fa. Non si vede questa minaccia della destra. Non la vedono i vertici delle istituzioni e non la vede il «Paese reale», che ha altre priorità. Eppure tutto un ceto politico-intellettuale, non si sa per interesse o per convinzione, soffia sul fuoco del settarismo. E la tensione contenuta a fatica negli anni passati da personalità ben dotate di saggezza - come il presidente di Anpi Milano Roberto Cenati - quest'anno sembra pronta a esplodere in tutto il suo clamore. Al corteo di Milano, negli anni passati, sono stati contestati praticamente tutti, anche i reduci dei campi di sterminio. Stavolta, rancori e velleità consuete trovano un nuovo propellente nella circostanza che vuole arrivato a rivestire la seconda carica dello Stato un esponente del Msi, Ignazio La Russa, che ha ottimi rapporti con la Comunità ebraica cittadina, ma è stato protagonista nei giorni scorsi di dichiarazioni anche avventate, di cui si è scusato, a quanto pare inutilmente.

«Esprimiamo preoccupazione - si legge nell'appello - per dichiarazioni, decisioni e comportamenti di alcuni rappresentanti delle istituzioni e della politica che, in vari casi, sono apparse divisive e del tutto inadeguate rispetto al ruolo esercitato». Ieri la Repubblica è andata a ripescare un giorno drammatico di 50 anni fa, quello che ha definito «il giovedì nero con i La Russa in piazza e la bomba che uccise l'agente Marino». Ignazio La Russa viene evocato come il giovane capo del Fronte la Gioventù, «con la stessa silhouette luciferina ripresa da Marco Bellocchio in Sbatti il mostro in prima pagina».

Nell'agenda virtuale delle famiglie italiane, però, l'allarme per le sorti della democrazia non pare al primo posto. La petizione contro il presidente del Senato, per «chiederne le dimissioni entro il 25 aprile», sembra languire.

L'appello è stato lanciato il primo aprile da Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista e lo hanno firmato fra l'altro l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, Vittorio Agnoletto e i soliti nomi della sinistra post-comunista. Ma non sembra un boom: «Ha superato le 75.000 firme» annunciava 5 giorni fa il Manifesto. Oggi siamo a 86mila firme.

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