Roma - «A me basta che venga tutelato l'interesse nazionale, soprattutto quando si parla si telecomunicazioni e dati sensibili, perché mettere i dati e le informazioni di milioni di italiani in mano ad altri è cosa molto delicata e quindi bisogna pensarci cinque volte». Matteo Salvini, con la sua solita sintesi, ha di fatto posto un veto sul memorandum of understanding che il premier Giuseppe Conte intende siglare con il presidente cinese Xi Jinping in occasione della sua visita a Roma il prossimo 21 marzo. In base alle indiscrezioni della piattaforma europea Euractiv, si tratterebbe di un accordo di cooperazione su «strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni», stilato dai tecnici del ministero dello Sviluppo economico. La portata è di grande rilievo perché, in buona sostanza, firmandolo l'Italia diventerebbe il primo Paese dell'Ue a sostenere la Belt and Road Initiave del governo di Pechino, il piano infrastrutturale chiamato anche «la nuova via della Seta».
Proprio il potenziale ingresso italiano nell'orbita di Pechino ha allarmato Washington. Sabato scorso il consigliere del presidente Trump, Garrett Marquis, ha twittato che «l'Italia è una grande economia globale e una importante destinazione di investimenti; non è necessario che il governo italiano legittimi il progetto di vanità delle infrastrutture della Cina». Una sortita che ha messo in allarme i due vicepremier. Ieri mattina Luigi Di Maio aveva cercato di rassicurare gli storici partner di Oltreoceano. «Noi siamo alleati degli Stati Uniti e rispettiamo tutte le preoccupazioni, ma sia chiaro: se stiamo guardando alla Via della Seta verso la Cina è per le nostre esportazioni, non per fare accordi politici con la Cina», ha commentato precisando che si tratta di «aiutare le nostre aziende a esportare il made in Italy, le nostre eccellenze, il nostro know how in un mercato che in questo momento ce lo chiede e verso il quale noi dobbiamo andare».
Tanto Di Maio quanto in precedenza il premier Conte avevano precisato che, trattandosi, di un'intesa commerciale questa non pregiudicherebbe i nostri rapporti geopolitici con gli sua né, tanto meno, l'appartenenza all'Alleanza atlantica. Ma, come evidenziato da Salvini, proprio l'estensione di queste intese ad ambiti fondamentali per la sicurezza nazionale come le tlc destano non poche preoccupazioni.
Il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, ieri ha ricordato che «i nostri interlocutori sono gli Stati Uniti e dal punto di vista commerciale la Cina è nostro nemico: rischiamo di diventare una colonia». Tajani ha poi messo in guardia il governo dall'affidare la nuova rete 5G ad aziende cinesi senza aver fatto le «opportune verifiche».
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