Cinico e provocatore odiato e mal sopportato. Ma l'unico mediatore resta il Sultano Erdogan

Membro della Nato e nei Fratelli musulmani: amico di Putin, chiama Biden, parla con il Papa

Cinico e provocatore odiato e mal sopportato. Ma l'unico mediatore resta il Sultano Erdogan
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Ammetterlo non fa piacere, ma è la verità. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan è oggi l'unico mediatore capace di muoversi a proprio agio sullo scenario di un mondo diplomaticamente a pezzi. Certo resta anche un inveterato provocatore. Specialmente quando minaccia, come una settimana fa, d'intervenire nel conflitto di Gaza. O quando - tirando per la giacca il Papa - definisce Israele una tragedia per il mondo e l'umanità. «L'assassinio del capo di Hamas e l'attacco al Libano dimostrano che Israele rappresenta una minaccia per l'intera regione, il mondo e l'umanità» ha detto Erdogan in un colloquio telefonico con il Pontefice invocando «un'alleanza dell'umanità» capace di agire «prima che sia troppo tardi per musulmani e cristiani di Palestina per trovare la pace».

Ma le provocazioni sull'argomento rispondono, in fondo, al suo ruolo di esponente della Fratellanza Musulmana. E all'esigenza di restare in sintonia con le opinioni pubbliche di un Medioriente musulmano in cui aspira al ruolo di grande leader regionale. In verità le sue aspirazioni contemplano orizzonti ancor più ampi. Lo ha dimostrato assumendo il ruolo di ago della bilancia nello scambio di 26 prigionieri che ha coinvolto da una parte la Russia e, dall'altra, Stati Uniti, Germania, Polonia, Norvegia e Slovenia. Certo non gli è riuscito difficile. Il ruolo d'interlocutore privilegiato con la Russia se l'è costruito dopo esser sopravvissuto - grazie alle dritte passategli da Mosca - al tentato golpe del 2016. Da quel momento le tensioni di un anno prima - quando Ankara e Mosca arrivarono ad un passo dallo scontro in Siria - sono scomparse. Ed hanno lasciato posto ad un rapporto non idilliaco, ma sicuramente armonioso. Rapporto che non si è dissolto neppure quando in Libia turchi e russi hanno appoggiato le contrapposte fazioni di Tripoli e Bengasi. O quando - all'inizio del conflitto in Ucraina - Erdogan ha non solo condannato l'invasione, ma venduto centinaia di droni a Kiev. Il tutto senza mai smettere di chiamare Vladimir Putin «il mio amico».

E così proprio i consolidati rapporti con Kiev e Mosca hanno permesso al grande tessitore turco d'intavolare l'unica trattativa messa in piedi in 29 mesi di conflitto. A fine marzo 2022 quella trattativa portò al ritiro russo da Kiev. E se non fosse stato per l'emergere della questione di Bucha avrebbe sicuramente portato a un temporaneo cessate il fuoco. Insomma il presidente turco - spesso considerato un intruso nella Nato e un indesiderato candidato all'Unione europea - si è conquistato il ruolo di unico interlocutore tra Russia e Occidente. Un ruolo esibito nelle trattative per lo scambio di prigionieri che l'America e i quattro Paesi europei coinvolti non sarebbero mai riuscite a concludere autonomamente.

Un ruolo rivendicato con estremo orgoglio ieri dalla presidenza di Ankara. «Una volta di più - ha scritto su X il portavoce di Erdogan, Fahrettin Altun - la Turchia s'è dimostrata un peso massimo della diplomazia capace di intrattenere rapporti speciali con vari Paesi nel mondo». Ma in tutto ciò Erdogan non rinuncia al tentativo di dividere e contrapporre i propri stessi interlocutori. Soprattutto se europei. Un'opportunità offertagli su un piatto d'argento dalle dissacranti immagini con cui la Francia di Emmanuel Macron ha scelto di aprire le Olimpiadi.

«Con il pretesto della libertà di espressione e della tolleranza - ha detto Erdogan la dignità umana è stata calpestata e i valori religiosi e morali sono stati derisi». Parole sicuramente capziose, ma capaci, per una volta, di metter d'accordo cristiani e musulmani.

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