La sciagura occorsa nelle Marche è in parte riconducibile al cambiamento climatico, ma puntare a fermarlo non eviterà altri morti. Contrastarne gli effetti invece sì.
Partiamo dalle certezze. Il riscaldamento è riconducibile all'accumulo dei gas serra, derivanti da carbone, petrolio e gas, e sta rendendo alcuni fenomeni meteorologici, quali alluvioni, inondazioni e siccità, che si sono sempre verificati, più frequenti e più virulenti. Quindi, è colpa solo del clima? Assolutamente no.
C'è un concorso determinante dell'opera umana sul territorio. Da un lato, è scellerato aver impiantato fabbricati e attività in luoghi potenzialmente oggetto di accumuli ed esondazioni. Gli esperti avvertono che un fiume non è solo ciò che sta dentro gli argini, ma anche l'area limitrofa che occasionalmente il fiume può usare come sfogo per ondate eccedenti la normale portata. Eppure, tutti abbiamo studiato che gli antichi egizi contavano proprio sulle esondazioni del Nilo per fertilizzare i campi. Pure chi in quei giorni aveva la varicella può oggi osservare come gli antichi borghi, in genere arroccati, vengano colpiti raramente e lievemente da questi fenomeni. Inoltre, i corsi d'acqua dovrebbero stare il meno possibile dentro argini artificiali, che accelerano il corso dell'acqua, laddove le sponde naturali fungono spesso da freno. Invece i fiumi sono visti ormai come un fastidio da circoscrivere, tanto che non viene nemmeno fatta la dovuta manutenzione e pulizia, vieppiù necessaria proprio per l'aumentata pericolosità e per l'esposizione di case e fabbricati.
Ma perché, uno si chiede, la cura del territorio e il dissesto idrogeologico non figurano mai nell'agenda politica? Perché non pagano: gli italiani sono fatalisti. Pensano che le sventure capitino, certo, ma agli altri e allorquando dovessero accadere sarebbe una bella sfortuna, mica colpa di chi ha fatto o non ha fatto ciò che si doveva. Del resto, siamo o no tra gli occidentali quelli con una bassa penetrazione di polizze assicurative?
Detto ciò, resta il fatto che il clima sta cambiando. È vero che l'alluvione di Firenze è del 66 e quella del Polesine del '51, l'anno prima della grande siccità, ma adesso la frequenza degli accadimenti è aumentata, come pure la loro forza devastante. Così abbiamo letto e ascoltato gli asceti del cambiamento climatico tuonare contro l'energia fossile e a favore delle rinnovabili. Chiariamo subito che sfruttare il sole e il vento e, a breve, le correnti marine, è cosa buona e giusta, ma non salverà vite umane, purtroppo. Se anche noi europei eliminassimo le fonti fossili, portando a zero le emissioni di CO2, continueremmo a sentire al TG di sciagure come quella dell'altro giorno. La ragione è che il clima continuerebbe ad aumentare. Noi ci riteniamo l'ombelico del mondo e non accettiamo che pesiamo troppo poco sul totale delle emissioni, appena l'8% e in calo dal 1980, sia in valore assoluto sia in percentuale, visto che Cina e India aumentano le emissioni ogni anno e poi sarà il turno dell'Africa.
Dunque, non ci resta che aspettare e pregare che non tocchi a noi, la prossima volta? No, qualcosa da fare c'è. Se non possiamo arrestare il cambiamento climatico, dobbiamo concentrare gli sforzi per contrastarne gli impatti devastanti.
Mettendo in sicurezza il territorio contro le inondazioni e accumulando le riserve d'acqua contro la siccità. Se ti senti capace di fermare la pioggia, inizia a danzare. Nel frattempo, che ne dici se io apro l'ombrello?
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