Se l'omicidio sangue fredde di una persona innocente e indifesa già non fosse una notizia tragica, quanto emerge dall'uccisione di un senzatetto in provincia di Bari fa emergere contorni ancora più inquietanti e tragici. A uccidere sono stati infatti tre giovanissimi che volevano testare l'efficacia di una pistola a salve modificata e così hanno deciso di provarla su una persona. «Hanno sparato contro un bersaglio umano», confermano gli inquirenti. Così è morto il 38enne senzatetto indiano Singh Nardev, ucciso fuori dal casolare abbandonato di Ceglie del Campo, frazione di Bari, la sera del 31 maggio scorso. In manette sono finiti tre ragazzi giovanissimi: Paolo Natale Guglielmi, 21 anni, insieme a un 18enne (all'epoca dei fatti ancora minorenne) e un altro ragazzo di 17 anni. Altri tre giovani sono indagati a piede libero per aver favorito la fuga del commando. Indagato per ricettazione colui che ha fornito la pistola al gruppo, venduta per 250 euro.
A far luce sul movente del delitto sono stati gli agenti della squadra mobile di Bari. Esclusa dai giudici, al momento, l'aggravante della premeditazione ma si tratta di un «movente che sconvolge ha detto il procuratore della Repubblica hanno ritenuto delle persone equivalenti a degli oggetti». Poco prima di sparare contro la vittima infatti, i giovani l'avevano provata contro delle bottiglie.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i tre sarebbero arrivati davanti al casolare alla periferia di bari chiamando le persone che all'interno avevano trovato riparo, alcuni senza fissa dimora indiani, pakistani ma anche italiani. A quel punto Nardev è andato a vedere chi fosse insieme a un altro e dopo un breve scambio di parole, uno dei ragazzi ha esploso due colpi di pistola. Uno di questi lo ha colpito al petto ed è stato fatale. A quel punto i ragazzi sono fuggiti a piedi, come e nulla fosse. Anzi, magari soddisfatti perché il loro acquisto funzionava.
Decisive a risolvere il caso sono state le telecamere a circuito chiuso della zona ma anche le dichiarazioni di un collaboratore dio giustizia, parente di uno dei tre assassini, che ha confermato agli investigatori l'identità degli aggressori raccontando anche come fosse stata acquistata la pistola nel quartiere Japigia da un altro minorenne, indagato per ricettazione, per la cifra di 250 euro. Il prezzo di una vita. L'arma a salve modificata per uccidere, secondo gli inquirenti sarebbe dovuta servire per una vendetta.
I tre giovani infatti avrebbero voluto sparare a un uomo che aveva dato uno schiaffo al figlio del boss Sigismondo Strisciuglio, tornato in libertà lo scorso mese di gennaio dopo 24 anni di carcere. Malavita e sprezzo della vita altrui, ancora una volta, vanno di pari passi in una vicenda tanto tragica quanto inquietante.
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