Milano - Stefano Parisi, ma Milano può avere un sindaco romano e pure romanista tifoso del «pupone» Totti?
«Mi hanno detto che è meglio un romano al servizio di Milano che un milanese al servizio di Roma come Sala».
A sinistra dicono che lei sarà al servizio della Lega.
«Una sciocchezza. Dalla Lega ho avuto pieno mandato a realizzare il mio programma».
Lei è stato direttore generale al tempo di Gabriele Albertini. Lui per tenere bada i partiti aveva nel cassetto la lettera di dimissioni.
«Era la seconda volta che si votava il sindaco col maggioritario. Oggi i partiti hanno capito».
Albertini avrà un ruolo importante nella sua squadra?
«Se accetterà saremo felici».
È vero che lei sta già pensando a un ruolo nazionale da leader del centrodestra?
«Io i prossimi cinque anni farò il sindaco di Milano».
E se perderà.
«Resterò in Consiglio».
In fondo siete due manager, tra lei e Sala non c'è poi questa gran differenza.
«Sbagliatissimo. Guardi bene i nostri due curriculum: io ho 15 anni di amministrazione pubblica nel governo e dove si prendono le decisioni, poi manager privato e imprenditore. Lui no».
Lei dice che l'Expo l'avrebbe potuta fare qualunque manager. Sala non l'ha presa bene.
«Beh non proprio tutti, ma un bravo manager sì. E gestire Milano è cosa ben più complessa. Servono idee, visione e capacità politica».
Cosa significa?
«L'attrattività di Milano sono gli investimenti, non le feste».
Serve una moschea?
«Diritto di pregare, ma c'è un problema di terrorismo islamico. Un sindaco deve poter sapere da dove arrivano i soldi. Se da organizzazioni legate alla jihad o da Paesi senza libertà di culto che perseguitano i cristiani».
Celebrerà i matrimoni omosessuali?
«Certo, io rispetterò la legge».
Il suo libro preferito?
«Tanti. Magari quelli di Abraham Yehoshua».
Si faccia uno spot.
«Milano deve cambiare. Basta con la città pigra, statalista e ipocrita di questa sinistra. Deve ritrovare dignità e la sua nobiltà».
Con Pisapia le tasse sono più che raddoppiate.
«Le riporteremo al livello della Moratti. Cominciando da chi produce, i commercianti e gli artigiani: liberando l'economia si produce più reddito e aumentano gli incassi del Comune».
Sembra facile.
«Oggi il 30 per cento delle tasse locali pagate a Milano vanno a Roma per pagare la pubblica amministrazione inefficiente di Renzi e del ministro Madia».
Si può cambiare.
«Ma come fa Sala a puntare i piedi con Renzi, se è proprio Renzi che lo ha candidato?».
Per la famiglia?
«Sono il fulcro della nostra struttura sociale perché si occupano di funzioni come l'assistenza agli anziani, malati cronici, handicappati, disoccupati».
E quindi?
«In questi casi tagliamo una tassa come l'addizionale Irpef».
Lei dice che non c'è più posto per gli immigrati irregolari.
«L'ha detto il prefetto. Ormai Milano è una spugna piena».
Prima gli italiani?
«Prima chi rispetta le leggi. Se qualcuno occupa una casa, porta via il posto a chi paga le tasse e si è messo regolarmente in graduatoria. La sinistra ipocrita alimenta lo scontro sociale».
Politico e filosofo preferiti?
«Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Per altri motivi Ben Gourion. E poi Adam Smith».
Teme l'astenzione?
«Renzi scandaloso. La scelta del 5 giugno è fatta apposta perché la gente non voti».
Renzi e i ministri son venuti a Milano per Sala e non l'hanno voluta incontrare.
«Un'offesa gravissima ai milanesi. Perché Delrio non ha spiegato la sua legge e Padovan i soldi tolti a Milano?».
Anche se romanista, darà una mano a Inter e Milan?
«Il campionato ha bisogno di loro, se vince solo la Juve non è più bello. Ma devono trovare un assetto societario. L'Inter ha un bel progetto per San Siro e da me avrà tutto l'aiuto».
Il secondo turno?
«Sala dovrà fare un accordo con la sinistra di Basilio Rizzo che difende i violenti dei centri sociali, espropriare le case sfitte e una moratoria dei debiti del Comune con le banche».
Per Renzi la Lega sono «esagitati in camicia verde».
«Basta vivere sul discredito degli avversari. La gente è stanca».
Rino Formica diceva che la «politica è sangue e merda». Lei non ha toni troppo soft?
«Pronto al confronto duro, ma non urlerò mai sopra un mio avversario, né gli getterò addosso discredito. Se lo scordino».
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