Il coltello e i 120 tombini: caccia all'arma del killer

Le ricerche proseguono oggi. Sentito un uomo, era stato ripreso in bici. Indagato il sosia di Depp

Il coltello e i 120 tombini: caccia all'arma del killer
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Tombini, rogge, siepi, aiuole. Nulla è stato tralasciato, in un'area concentrica il cui nucleo è il civico 32 di via Castegnate. Ma di quella grossa lama - come dell'assassino - ancora nessuna traccia. Tutti i coltelli trovati nelle scorse settimane nella zona dell'omicidio di Sharon Verzeni non sono stati infatti ritenuti compatibili con le quattro profonde ferite inferte nella schiena e nel petto della 33enne nella notte tra il 29 e il 30 luglio. Ecco perché ieri la caccia all'arma del delitto è ripartita in tutta Terno d'Isola (compresi i 120 tombini). La ricerca dei carabinieri di Bergamo - affiancati da un gruppo di volontari del «Museo Recuperanti 1915-1918» armati di metal detector e calamite - non ha dato risultati nelle vie Partigiani, Vignali, Primo Maggio, Casolini e Torre, ma si prosegue oggi lungo altre arterie che verranno chiuse senza comunicazioni preliminari.

Anche stavolta a collaborare con i militari ci saranno gli esperti guidati da Paolo Campanardi, personaggio noto al pubblico per essere il protagonista della serie «Metal Detective» su DMax. I carabinieri ritengono infatti fondamentale la collaborazione del gruppo, che solitamente perlustra fronti di guerra tra trincee, fortificazioni e accampamenti. Se quel coltello usato per uccidere Sharon è ancora a Terno d'Isola, dovrebbe essere trovato dai volontari del «Mu.Re».

Ma le complicate indagini proseguono su più fronti: secondo Bergamonews, dopo giorni di ricerche nelle scorse ore sarebbe stato individuato e interrogato uno dei presunti soggetti in bicicletta immortalati dalle telecamere in via Castegnate nelle ore del delitto. Si tratterebbe di uno dei nomi contenuti nella short-list per provare a stringere il cerchio e su cui lavorare. La figura individuata sarebbe un uomo di una certa età, conosciuto per il suo passato difficile, formalmente domiciliato in un paese dell'Isola bergamasca ma che sembra condurre un'esistenza piuttosto nomade. Non è affatto chiaro se sia proprio lui quello ripreso dall'occhio elettronico di vicolo Castello che gli inquirenti stanno cercando (e che ad oggi resta l'ago della bilancia del caso), ma per il momento non sono stati emessi provvedimenti nei suoi confronti. E di più non trapela.

Emerge invece che i carabinieri hanno denunciato il sosia di Johnny Deep che sabato mattina si era presentato in caserma sostenendo di aver conosciuto Sharon qualche giorno prima l'omicidio. Il 50enne Fabio Delmiglio, che disse di avere informazioni utili alle indagini, sosteneva di averla incontrata al «Vanilla Food» di Brembate nel quale la ragazza lavorava come cameriera e di aver avviato con lei uno scambio di messaggi sui social per ragioni di lavoro. Ma alla precisa domanda se si fosse inventato tutto, il sosia ha ammesso la falsità delle proprie dichiarazioni e che si era inventato tutto «nella speranza di un possibile ritorno pubblicitario connesso alle interviste che sarebbero derivate dalla sua convocazione e audizione in caserma», come spiegato dai carabinieri in una nota. Ecco perché è stato denunciato per favoreggiamento personale.

Dopo Antonio Laveneziana, il 76enne che ha mentito durante l'interrogatorio negando di essere affacciato al balcone quella notte (come invece confermano le telecamere), Delmiglio è la seconda persona coinvolta per «incidenti di percorso»

nell'intricato caso. Dopo qualche giorno di silenzio è invece tornato a parlare il compagno della vittima, Sergio Ruocco, secondo cui «nessuno poteva volerle del male, probabilmente l'hanno scambiata per un'altra persona».

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