Il commissario Pd ammette: la zona rossa la faceva il governo

L'assist a Fontana di Sergio Venturi, ex assessore in Emilia. Il "rammarico" per la mancata chiusura di Piacenza

Il commissario Pd ammette: la zona rossa la faceva il governo

Sergio Venturi è l'ex assessore alla Sanità di Stefano Bonaccini, chiamato subito dopo le elezioni a coprire il ruolo di Commissario all'emergenza coronavirus in Emilia Romagna. È l'uomo delle dirette Facebook per la conta degli infetti, ma anche il coordinatore delle scelte emiliane contro il Covid. È uno, insomma, che sa bene come sono andate le cose nei primi giorni dell'epidemia, quando cioè le autorità dovevano decidere se creare le zone rosse oppure no. Molto si è detto della Lombardia, di Alzano, Nembro e della Bergamasca. Da una parte c’è chi sostiene fosse il governo a doverla istituire, soprattutto dopo le richieste avanzate dal Pirellone, bollinate dal Comitato scientifico e poi ignorate dall’esecutivo (che pochi giorni dopo trasformerà l’intera Lombardia in una zona arancione). Dall’altra ci sono invece Palazzo Chigi, il ministro Boccia e tanti altri che imputano a Attilio Fontana e Giulio Gallera il fatto di non aver forzato la mano e sbarrato in autonomia la Val Seriana. Sul caso indagano i pm, che per ora sembrano dare ragione al Pirellone. Ma non sono i soli. L’ultimo assist alla Lombardia arriva infatti da chi meno te lo aspetti, cioè da Sergio Venturi, esponente di punta della macchina piddina emiliana.

Parlando con i Giovani Democratici in diretta Fb, il commissario è tornato a parlare delle scelte fatte tra fine febbraio e inizio marzo. Ha criticato la decisione di fare un "lockdown generalizzato" in tutta Italia ("Se dovessi rifarlo domani, non lo rifarei, non si può chiudere un intero Paese quando non ce n’è alcun bisogno"). Ma soprattutto ha toccato la nota dolente delle zone rosse. Piacenza, che dista solo 16 chilometri da Codogno, è stata una delle province più martoriate dal morbo. In proporzione agli abitanti, l’incidenza su questo territorio per morti è contagi è stata maggiore che nella Bergamasca. Molti, tra cui per primo ilGiornale.it, si sono chiesti per quale motivo nessuno abbia pensato di istituire la zona rossa anche nel Piacentino. Venturi ebbe già a dire che la provincia aveva scontato “conseguenze nefaste” anche a causa delle mancate “misure di distanziamento” e di “blocchi produttivi”. Un po’ come in Val Seriana. Dunque anche qui la domanda è: chi ha sbagliato? Il governo, che avrebbe dovuto includere Piacenza insieme nella zona rossa di Codogno, oppure Bonaccini, che al pari di Fontana non si sarebbe mosso in autonomia? Tertium non datur. "Perché nessuno tiene conto di questo?", si domanda il deputato di Fdi, Galeazzo Bignami.

Venturi nella sua diretta sembra sposare, seppure indirettamente, la linea di Fontana&co. E cioè quella che era il governo in quei primi giorni di marzo a decidere cosa chiudere e cosa tenere aperto. “L’unico rammarico che ho - dice - è che questa cosa, quando è successa a Codogno, il governo abbia stabilito la zona rossa nell’alto lodigiano pensando che un po’ facesse da argine e che quindi i 16 chilometri che separano Piacenza da Codogno fossero sufficienti a impedire il contagio dell’Emilia Romagna". Cosa ovviamente impossibile.

"Altrimenti - aggiunge - noi avremmo avuto una epidemia perfno inferiore a quella del Veneto come conseguenze, se avessimo avuto in quel momento una zona rossa che comprendeva anche gran parte della provincia di Piacenza”.

È vero che qualche tempo dopo (il 16 marzo) l’Emilia Romagna deciderà in (quasi) autonomia la chiusura di Medicina e di una parte di Rimini. Ma è altrettanto vero che dalle parole di Venturi si evince come in quelle ore, cioè tra il 21 febbraio e l’8 marzo, fosse il governo a guidare la partita delle zone rosse. Non le regioni. Delle due, dunque, l’una. O quella decisione spettava a Palazzo Chigi, come sembra far intendere il commissario emiliano. Oppure Bonaccini sarebbe dovuto intervenire al pari di Fontana nella Bergamasca. E quindi, per banale par condicio, oggi dovremmo trovare il governatore Pd sul banco degli imputati tanto quanto il collega leghista. Ma chissà perché, non è così.

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