Il complotto del mojito

Il complotto del mojito

Che cosa significa prendere il Palazzo d'inverno? Il Palazzo era la residenza del governo russo a San Pietroburgo espugnato dagli uomini di Leon Trotzki: «Pochi marinai con il coltello fra i denti» che, una volta dentro, tagliarono gole e fili del telefono.

Fu così che un golpe militare contro il primo governo democratico russo passò alla storia come Rivoluzione d'Ottobre. Quando i corpi speciali ebbero finito, Trotzki si affacciò e gridò a Lenin: entrate pure, il Palazzo è nostro. La presa del Palazzo d'Inverno è da allora (1917) un'allusione all'«altro modo» di conquistare il potere che non sia quello democratico liberale, ma neanche quello della rivoluzione a colpi di mitra, come quella di Fidel Castro a Cuba. Ai nostri giorni non esistono Palazzi d'Inverno né colpi di Stato, ma politici più o meno scaltri. Al netto dei giochi, i governi delle democrazie dovrebbero rispecchiare il volere degli elettori. Ma non è detto, perché non funzionano come istituti di sondaggio: hanno meccanismi, hanno trucchi.

Lo sa bene Boris Johnson e avrebbe dovuto saperlo anche Salvini.

Da noi qualcuno si chiede come si sia potuti arrivare a un governo mai così di sinistra con un elettorato di destra e se per caso non sia partita una molecola geneticamente modificata dal Palazzo d'Inverno a Palazzo Chigi. Ci sembra onestamente di no. Non si sono visti tagliagole. Né regole calpestate. Restano tuttavia l'anomalia e l'allarme. Di chi la colpa? Due i candidati: Grande Complotto o Troppo Mojito.

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