Nel tardo pomeriggio, mentre i capigruppo della maggioranza attendono da ore la convocazione di Palazzo Chigi per dirimere le accese controversie sul dpcm di Babbo Natale, uno di loro si sente dire dal premier: «Che vi vengo a spiegare, se ancora non so nemmeno cosa ci scriveremo, in questo decreto?».
Che le idee fossero assai confuse si era capito già dalla informativa del ministro della Salute Speranza in Senato, che - per dirla con un esponente Pd - «è venuto fin qui per non dirci un cavolo». In teoria, il nuovo dpcm era atteso per la nottata, anche perché le minuziose e un po' ossessive norme che devono regolare le feste degli italiani dal risveglio al momento di infilarsi il pigiama, pasti inclusi, dovrebbero entrare in vigore già domani. Ma ieri sera la confusione regnava sovrana nel campo giallorosso, dal governo in giù.
Ministri infuriati con Conte, che aveva fatto filtrare ai giornali amici le veline in cui lui faceva la figura dello zio buono, intento ad infilare caramelle nella calza (pranzi al ristorante, visite agli anziani genitori etc.), mentre il perfido duo dei cerberi Covid Franceschini-Speranza cercava di inzepparle di carbone: tutti chiusi a doppia mandata e gli auguri si scambiano al telefono. Parlamentari infuriati con il governo, che riempie i media di anticipazioni fantasiose quanto bizantine e che poi in Parlamento non spiega nulla. «Non si può andare avanti a furia di veline», lamentava un dirigente della maggioranza. Così, al momento di stendere la risoluzione da approvare nell'aula di Palazzo Madama dopo il dibattito con Speranza, è scoppiato il bailamme. Dalla porta chiusa, dietro la quale il ministro, insieme al collega grillino D'Incà, era riunito con i rappresentanti della coalizione, arrivavano urla e toni sopra le righe. Da una parte Italia viva e il Pd, rappresentato dal capogruppo Andrea Marcucci (nel tondo), che chiedevano conto dell'«irrigidimento» improvviso rispetto alle aperture del giorno precedente, e proponevano di mitigare alcune misure giudicate troppo «punitive» su spostamenti, ristoranti eccetera. Dall'altra il ministro, spalleggiato dai 5 stelle, che faceva muro. Unica concessione: sarà possibile mangiare in albergo. «Ma solo servizio in camera», precisa Speranza. «Ottima idea, così finisce come al festino di Bruxelles con Szajer, l'amico di Orban...», è stata la battutaccia di uno dei presenti.
Fatto sta che non si è trovato alcun accordo sul testo di maggioranza da approvare, e alla fine, in extremis, è stato presentato un testo standard («Si prende atto delle comunicazioni del ministro») che non diceva nulla. Solo per evitare che la frattura diventasse palese in aula. «I nodi rimangono. Mi pare che ci sia concordia sul privilegiare le questioni sanitarie, in generale», chiosava Marcucci.
A Speranza però la fronda in Senato non è andata giù. Se ne è lamentato con Franceschini, che a sua volta se ne è lamentato con Zingaretti, e al Nazareno si è deciso di intervenire per puntellare il governo, già nel pallone di suo, e difendere la linea dura, delegittimando la posizione critica del capogruppo Marcucci. «Condivido totalmente le scelte di Speranza», hanno detto in coro. Intanto però Faraone (Iv) aveva chiesto un confronto di maggioranza con Conte, che aveva accettato, salvo poi far slittare di ora in ora l'appuntamento per poi spiegare agli spazientiti senatori giallorossi che non sapeva che dir loro. «Mi pare ci sia un crescente sfilacciamento nella maggioranza e tra maggioranza e governo», osserva il dem critico Matteo Orfini.
Nel frattempo slittava anche il dpcm: dal Consiglio dei ministri, convocato ieri sera alle 21, manderà oggi una ennesima «bozza» alle Regioni, e la firma di Conte (con annessa conferenza stampa e video-sermone del premier sul Natale morigerato ed esortazioni a «stringere i denti») arriverà - forse - nel pomeriggio.
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