«Salvini chiarisca nelle sedi opportune», dice Giuseppe Conte a proposito delle rivelazioni de La Stampa sugli incontri tra un funzionario dell'ambasciata russa e il consigliere di Matteo Salvini Antonio Capuano. Ma se c'è un leader politico che quantomeno dovrebbe arrossire quando si parla di intrecci con la Russia di Vladimir Putin quello è proprio Conte. Non solo per l'endorsement ricevuto a giugno scorso dall'ambasciatore di Mosca Sergey Razov sul no alle armi a Kiev, ma soprattutto perché è a capo di un partito che è sempre stato in prima fila a flirtare con Putin. D'altronde è stato il M5s a portare in Parlamento una nutrita pattuglia di filo-russi, più o meno pentiti.
Nella categoria dei pentiti rientra Manlio Di Stefano, ora sottosegretario alla Farnesina di indubbia fede atlantista. Ebbene, solo qualche anno fa il braccio destro di Luigi Di Maio era il capofila del putinismo all'italiana. L'ex grillino, a giugno del 2015, alla Camera dei Deputati parlava così delle rivolte europeiste del 2014 a Kiev: «Un colpo di stato finanziato da Europa e Usa». Oggi risultano particolarmente sinistre le sue parole su un governo ucraino capeggiato da «convinti neonazisti». E ancora, sempre Di Stefano due anni dopo è stato il protagonista di una spedizione alla volta di Mosca per partecipare al congresso di Russia Unita, il partito di Putin. Con lui c'era un altro ex grillino, come Di Stefano all'epoca deputato del M5s. Parliamo di Alessandro Di Battista, in lizza per un posto in lista alle prossime elezioni, filo russo tutt'altro che pentito. Dibba, infatti, è appena tornato a casa da un viaggio nella «Russia profonda», con l'obiettivo di approfondire le ragioni degli aggressori dell'Ucraina e metterle su carta per il Fatto Quotidiano. In rete si trovano ancora le foto di Di Battista e Di Stefano sorridenti accanto ai due fedelissimi di Putin Robert Shlegel e Sergey Zheleznyak. E c'è da dire che erano passati solo due anni dall'annessione russa della Crimea e dalle conseguenti sanzioni ai danni del Cremlino. Ritorsioni a cui il M5s si è sempre detto contrario, anche per bocca dell'ex capo politico Di Maio. Nel M5s nessuno sfugge al flirt con Mosca. Nemmeno la «moderata» Chiara Appendino, che da sindaca di Torino era una frequentatrice abituale del Forum Economico di San Pietroburgo, vetrina internazionale del regime russo.
Pure Conte deve interrogarsi sul suo recente passato da premier. Un passato in cui elogiava «l'amico Putin» e si metteva d'accordo con lui per la discussa missione dei militari russi nella Bergamo martoriata dal Covid. E poi c'è Beppe Grillo, che nel 2017 in un'intervista al settimanale francese Journal du Dimanche annotava: «La politica internazionale ha bisogno di uomini forti come Donald Trump e Vladimir Putin». Tornando alla più stretta attualità, non è un caso che tra i papabili per candidarsi alle politiche nelle liste dei pentastellati ci siano nomi come quelli di Alessandro Orsini e Michele Santoro. Entrambi contrari agli aiuti militari all'Ucraina e accusati di filo-putinismo.
Infine Vito Petrocelli, l'ex grillino cacciato dalla presidenza della Commissione Esteri del Senato per le sue posizioni vicine al Cremlino. Anche lui eletto con il M5s. Come la senatrice Bianca Laura Granato, una che dopo lo scoppio della guerra in Ucraina diceva che «Putin sta combattendo una battaglia per tutti noi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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