Anche gli ultimi giapponesi del contismo in salsa Pd abbandonano l'ex avvocato del popolo italiano. E se, come riportato ieri dal Giornale, Francesco Boccia è stato spedito addirittura in Australia a visitare una startup digitale mentre infuria la campagna elettorale, Nicola Zingaretti non si tira indietro e mette la parola fine alla stagione giallorossa. Il governatore del Lazio interviene a Radio Anch'io su Rai Radio1 per non escludere la sua candidatura alle elezioni politiche e per specificare, ancora una volta, che il matrimonio con Giuseppe Conte è finito. «Con il M5s abbiamo fatto un bel percorso insieme, ma in questo momento non ci sono le condizioni per allearci alle prossime elezioni politiche», spiega l'ex segretario, già tra i maggiori teorici del campo progressista allargato ai grillini.
Tutta l'ala sinistra dei dem ora fa a gara a sconfessare l'ex pupillo. A difendere la bontà dell'asse demogrillino è rimasto solo il gran ciambellano giallorosso Goffredo Bettini, più presente in Thailandia che a Roma.
Al Nazareno non c'è aria di marcia indietro su Conte. Ma i dirigenti dem sono anche consapevoli di rischiare un massacro ai collegi uninominali senza l'apporto dei pentastellati. L'avvocato ormai guarda alla sinistra più radicale, eppure i contiani non hanno perso la speranza di mettere su qualche singolo accordo locale con il Pd, magari al Sud dove Letta e i suoi sono in difficoltà contro il centrodestra.
Nell'imbarazzo di riciclare accordi con Conte - «altrimenti esploderebbe il partito» ammettono i dirigenti del Pd - bisogna lavorare di fantasia. E provare a sfruttare a proprio vantaggio la polverizzazione del grillismo. Accentuata dai diktat di Beppe Grillo, contrario anche al terzo mandato in rotazione in Europa o nelle regioni per i parlamentari a quota due mandati. In campo solo l'ipotesi di quattro o cinque «micro deroghe» per pochi big tra cui Roberto Fico, Paola Taverna, Federico D'Incà e Fabiana Dadone. «Dobbiamo prendere i voti dei grillini, anche senza l'alleanza con il M5s», teorizza il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Ma il vero punto è che il centrosinistra potrebbe prendere anche dei candidati grillini senza stringere accordi con Conte. Come? Andando a pescare tra i tanti scontenti in libera uscita dal M5s. Sono i delusi che non saranno ricandidati per mancanza di spazio e per effetto della regola del doppio mandato. Tra di loro sicuramente i trenta o più parlamentari governisti che erano già pronti alla scissione in nome del sì alla fiducia a Mario Draghi. Molti di questi pentastellati sono stati eletti proprio nelle regioni del Sud, lì dove il M5s gode ancora di un buon consenso e il Pd stenta. Intanto Rocco Casalino smentisce a metà la notizia della sua candidatura come capolista in Puglia: «Sono illazioni, nulla è stato ancora deciso». Mentre sarebbe imminente il passaggio ad Articolo1 dell'assessore al Comune di Bologna e volto storico del M5s Max Bugani.
«Il Movimento non mi interessa più, è diventato la setta di Conte - ragiona con Il Giornale un ex governista - alla fine candidarci agli uninominali converrebbe sia a noi sia al Pd». L'operazione infatti permetterebbe ai dem di far correre ex pentastellati che nel 2018 avevano ottenuto buoni risultati e ai grillini di giocarsi una chance per tornare in Parlamento. Tra gli stellati filo-Draghi ormai fuori dall'orbita di Conte ci sono nomi come Angelo Tofalo in Campania, Elisa Scutellà, Paolo Parentela ed Elisabetta Barbuto in Calabria. Azzurra Cancelleri, Rosalba Cimino ed Eugenio Saitta in Sicilia. Più gli eventuali innesti che potrebbero arrivare dai dimaiani di Ipf, molto radicati al Sud.
Tra un ballo e una canzone di Lucio Battisti, una prima occasione di incontro tra i grillini e gli uomini di Luigi Di Maio c'è stata domenica a Paestum, provincia di Salerno, al matrimonio del deputato campano di Ipf Cosimo Adelizzi. Se son rose fioriranno.
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