Conte la spara grossa: "L'Europa dia un colpo o ognuno farà per sé"

Oggi l'Eurogruppo cerca un compromesso su Mes e coronabond. Ma l'Olanda fa muro

Conte la spara grossa: "L'Europa dia un colpo o ognuno farà per sé"

Un vecchio film, «Non si uccidono così anche i cavalli?», racconta le maratone di ballo durante la Grande depressione degli anni '30, quelle in cui vinceva l'ultima coppia capace di restare in piedi. È un po' ciò che sta succedendo dalle parti dell'Eurogruppo, come testimoniano le 16 ore di riunione perse fra il pomeriggio di martedì e la mattina di mercoledì. Davanti al fallimento, il premier Giuseppe Conte ha parlato alla Bild di «delusione per tutti gli europei, anche dei cittadini tedeschi». Poi ha spiegato che è «nell'interesse reciproco che l'Europa batta un colpo» altrimenti «dobbiamo assolutamente abbandonare il sogno europeo e dire ognuno fa per sé». Un accenno di Italexit rilasciato al quotidiano popolare tedesco.

Oggi si riparte, e il rischio di un altro valzer senza fine è tutt'altro da escludere, con possibile fiammata dello spread Btp-Bund (salito ieri fino a 214 punti prima della discesa sotto quota 200), e nonostante la Bce stia tenendo il fiato sul collo dei ministri finanziari. Pare che Christine Lagarde, così tremebonda fino a qualche settimana fa, abbia ruggito durante la tele-conferenza: «Servono i coronabond, su base temporanea e una tantum». L'Eurotower è convinta che l'impianto di aiuti contro il coronavirus su cui ci si sta accapigliando sia già insufficiente: servirebbero 1.500 miliardi di euro - hanno rivelato a Reuters alcuni funzionari - mentre sul piatto ne sono stati messi all'incirca un terzo. Francoforte alza la voce, e con diritto: non solo sta comprando a piene mani bond, soprattutto Btp e Bonos spagnoli, nell'ambito del «Pepp» (il nuovo programma di acquisto titoli per l'emergenza pandemica da 750 miliardi), ma ha allargato la platea di titoli utilizzabili per chiedere fondi alla banca centrale. La mossa è tesa a parare il colpo di possibili downgrade del credito sovrano. L'Italia non ha più margini di declassamento: un solo taglio del rating da parte di S&P e Fitch la farebbe scivolare sotto il livello investment grade, cioè nella categoria dei titoli ad alto rischio che, finora, la Bce non accettava come collaterali.

Un'azione a tutto campo contro l'inazione della politica. Aggrappato a una maggioranza risicata, il ministro olandese delle Finanze, Wopke Hoekstra, ha però tenuto duro anche ieri: «Il Mes - ha ribadito - è prestatore di ultima istanza, ci devono essere delle condizioni per il suo utilizzo. Gli Eurobond? Restiamo contrari: aumentano i rischi per l'Europa invece di ridurli». Una posizione di totale intransigenza che ha fatto naufragare i negoziati. Durante la tele-conferenza, Olanda, Austria e Finlandia hanno insistito su una condizionalità a doppio binario: nessun vincolo all'inizio, ma poi riforme per ritornare a una situazione macro-economica stabile. Parigi e Berlino, in base alle indiscrezioni filtrate, avevano invece trovato la quadra attorno a un pacchetto dove, accanto al piano Sure contro la disoccupazione da 100 miliardi e agli interventi della Bei per complessivi 200 miliardi, veniva anche inserito il fondo salva-Stati in una versione ultra-light e, soprattutto, la creazione di un Recovery Fund, il cavallo di Troia di matrice franco-italiana per la futura emissione di eurobond a 5-10 anni e per una somma pari al 3% del Pil europeo. La promessa mutualizzazione del debito doveva servire anche a piegare le resistenze di Roma, decisa a non accettare il Mes in qualunque forma per il timore di dover varare, finita la tempesta (Moody's vede nell'eurozona una contrazione del Pil del 2,2% nel 2020), misure draconiane. Una preoccupazione eccessiva, a sentire il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, contrario al ritorno della Troika.

È però ciò che invece vuole l'Aja, al punto da far perdere le staffe diplomatiche a Parigi: «L'Olanda è l'unico motivo per cui l'accordo è bloccato», accusano fonti dell'Eliseo, secondo le quali quel mettersi di traverso è «controproducente e incomprensibile: non

può durare». Il che lascia intendere una Germania in pressing serrato per convincere l'alleato ribelle. Berlino, che avrebbe espresso la sua «frustrazione» rispetto al veto dell'Aia, resta l'ago della bilancia. Come sempre.

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