Litio, idrogeno, nucleare. La corsa alle energie pulite e al "nuovo petrolio" si sta trasformando in una guerra tra privati: Elon Musk, Bill Gates e i giganti d'Asia influenzano le scelte dei soggetti politici in modo quasi dogmatico. E in Unione europea è il solito caos.
Era il lontano 2006 quando Bill Gates fondò la TerraPower e decise di investire su nuovi reattori nucleari supertecnologici, sicuri e green, proprio mentre l'Occidente intavolava piani per dismettere le centrali e ridurre la dipendenza energetica dall'uranio. In Europa, allora, c'erano 150 centrali, 58 si trovavano in Francia. Il disastro di Fukushima nel 2011 ha spinto molti paesi ad accelerare la chiusura delle centrali. Ma le "visioni" di Gates, con l'arrivo della pandemia che aveva vaticinato già nel 2015, vengono considerate ormai alla stregua di quelle di un nuovo Oracolo di Delfi.
Ebbene, nel suo ultimo libro “Clima. Come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi e le sfide di domani” (Nave di Teseo), il fondatore di Microsoft snocciola numeri e statistiche agghiaccianti sul futuro del pianeta. Un catastrofismo già sentito, risentito e smentito dai tempi di Al Gore. Ma forse anche per scaramanzia dopo quanto accaduto col Covid, quando Bill Gates dice che se le emissioni di gas-serra non saranno azzerate entro il 2050 i morti causati dal peggioramento clima saranno quelli di una prolungata pandemia, in molti iniziano a credergli. E la soluzione che propone è sempre la stessa: il ritorno al nucleare.
Si tratta, secondo Gates, dell'"unica fonte di energia a zero emissioni in grado di fornire corrente giorno e notte, in qualunque stagione, praticamente ovunque sul pianeta, che abbia dimostrato di funzionare su vasta scala". Capace, tra l'altro, di offrire energia elettrica alle tanto ambite auto elettriche, che sono ancora troppo poche (il 2% su un miliardo) poiché appunto costose in termini di realizzazione, alimentazione e smaltimento.
Una prospettiva che rappresenta un pugno nello stomaco nei confronti dei tanti Paesi che il nucleare l'hanno abbandonato, e pure dell'Italia che non l'ha mai davvero attivato dopo il NO al referendum del 1987 (e anzi ha ancora tonnellate di scorie radioattive da smaltire).
Certo, il modello teorizzato da Gates non è quello di Chernobyl, per intenderci. Si tratta di un "reattore a onda progressiva. Un reattore che funziona con diversi tipi di combustibile – ha spiegato alla CNBC – comprese le scorie di altri impianti nucleari. Mentre le scorie riutilizzate sarebbero meno, e meno radioattive. Il processo sarebbe del tutto automatico, e queste centrali potrebbero essere sottoterra”.
Un modo, insomma, per rendere il nuovo nucleare più sostenibile e sicuro, specie se confrontato con i mali prodotti da centrali a carbone, particolato, gasdotti che esplodono. "Le morti per unità di energia su altre fonti sono state molto più alte", conclude Gates.
Di tutt'altro avviso Elon Musk di Tesla, che come noto è il re Mida del litio, tanto potente da stravolgere le agende energetiche statunitensi ma pure europee. Basti pensare che la Commissione Ue ha inserito solo nel 2020 il litio nella lista delle materie prime essenziali difficili da reperire nel Vecchio Continente, con almeno 10 anni di ritardo. Insomma, le quotazioni di Tesla schizzano alle stelle e l'Ue si accorge di non avere litio e di dover iniziare le ricerche, concentrate in larga parte in Portogallo. Ma Tesla è anche il player che punta a sovvertire l'equilibrio interno alla Germania, con la costruzione della gigafactory di Berlino, ancora non ultimata, pare anche per via del presunto "boicottaggio" da parte di Volkswagen (almeno per quanto riguarda la ricerca del personale, i diritti sindacali, gli stipendi etc.). La Germania, poi, è anche l'unica in Ue ad aver puntato, in modo del tutto autonomo, sull'idrogeno verde (con 9 miliardi di euro investiti nel giugno 2020). Cerca, in buona sostanza, di tenere i piedi in due scarpe poiché non è così certa che il litio sia l'unico futuro possibile, o quantomeno non sufficiente.
Si tratta storicamente della posizione più in voga in Estremo Oriente, specie in Giappone, che in Europa, ammaliati dall'invio delle auto elettriche nello spazio da parte di Musk, abbiamo imparato a conoscere solo lo scorso dicembre, quando il CEO di Toyota, Akio Toyoda, ha scioccato il mondo parlando delle auto elettriche come di un "business immaturo con costi energetici e sociali insostenibili".
Una confusione totale, insomma. Ma come ci si orienta per non dover sempre e solo rincorrere gli interessi del privato che si sceglie di seguire in modo quasi dogmatico? "È paradossale che chi si occupa di ambiente debba avere come riferimento un magnate della finanza che gli spieghi il futuro. - dice a Il Giornale.it Luca De Carlo, senatore di Fratelli d'Italia e già membro della Commissione Ambiente e della Commissione Agricoltura durante gli anni da deputato -. Il nucleare, per inciso, non è più scelta migliore. Costerebbe troppo e andrebbe a collidere con dossier ancora aperti come lo smaltimento delle scorie radioattive e la sicurezza. Le esperienze di Chernobyl e ancor più di Fukushima sono ancora vive nella nostra memoria. Non possiamo investire oggi su qualcosa che nasce vecchio".
Il grande nodo da sciogliere, come peraltro già ammesso dallo stesso Gates, resta l'imponente costo di queste innovazioni, tale da renderle quasi appannaggio di pochi privilegiati. "Il comportamento della gente si influenza col tempo, ma soprattutto con l’incentivo, anziché con le tasse (plastic tax etc.). E quando approfittare di un incentivo è conveniente? Quando ciò che si utilizza al momento diventa antieconomico. In pratica, solo quando il fossile sarà diventato davvero antieconomico sotto tutti i punti di vista (produzione di energia e consumo per i privati) potremo puntare ad una seria transizione verso l’elettrico - dice ancora De Carlo, che proprio per via di questi cortocircuiti attacca senza mezzi termini Greta Thunberg - È il simbolo della globalizzazione che vorrebbe dirci come uscire dai disagi che essa stessa ha creato, e lo fa usando una ragazzina. Il paradigma invece andrebbe rovesciato: la risposta a problemi come il surriscaldamento non può essere globale bensì nazionale e patriottica. La destra, da sempre, è localista e nazionale, intende prendersi cura del proprio territorio poiché ben più facile ed efficace che seguire concetti astratti che percepiamo ancora come lontani".
Quelli vicini, invece, di concetti, potranno e dovranno essere affrontati con l'ausilio dei fondi del Recovery Fund. Ammesso che il Governo, ma soprattutto il Ministero della transizione ecologica ideato dai grillini, saprà gestirli.
De Carlo si dice scettico: "Non potremo mai assistere a scelte coraggiose come quelle che un governo legittimamente eletto potrebbe prendere. L’impiego del Recovery si tradurrà in contributi e mancette che non risolveranno il problema ma che serviranno a mantenere insieme la coalizione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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