Omicron potrebbe presto trasformarsi in omega. La lettera che chiude l'alfabeto greco. E che potrebbe far terminare se non la pandemia, almeno questa fase di ansia esagerata. Ieri lo ha detto anche l'Oms, per bocca di Hans Kluge, direttore Europa dell'organizzazione. «In Paesi come l'Italia e la Grecia - ha detto a Mezz'ora in più su Rai3 - ci stiamo avvicinando moltissimo al picco della variante Omicron. È molto probabile che il picco in Europa arrivi prima di quanto previsto, ossia entro 2-3 settimane».
Insomma Omicron sta cambiando (in meglio) la pandemia. Prepotente e bonacciona, sta monopolizzando il Covid. Al punto da spingere il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri a pronunciarsi con una certa sicumera: «Non c'è dubbio che entro la fine del 2022, salvo che arrivi un'altra variante, quasi tutta la popolazione avrà incontrato Omicron. Chi è vaccinato potrà avere probabilmente una forma più leggera, ma chi non lo è ha molti più rischi di andare in terapia intensiva». Per questo si rende necessario «un aggiustamento delle nostre strategie. La comunicazione dei dati deve essere aggiornata» e si devono «rivedere entro breve le regole soprattutto per la gestione degli ospedali». Sulla stessa lunghezza d'onda il coordinatore del Cts Franco Locatelli che a Che Tempo che fa spiega: «Il sistema di colorazione delle Regioni è stato elaborato in un'epoca diversa. Che si possa arrivare a una riconsiderazione è nella logica delle cose».
Anche i dati di ieri inducono a far pensare che Omicron abbia smesso di correre. Ieri si sono conteggiati 149.512 nuovi contagi, con una tasso di tamponi positivi del 16,11 per cento. Il confronto più significativo è quello con la domenica precedente, quando erano stati 155.659 (tamponi positivi al 15,67). È il terzo giorno negli ultimi quattro in cui i casi sono inferiori al giorno corrispondente della settimana precedente. Nell'ultima settimana (10-16 gennaio) si sono conteggiati 1.219.324 contagi (incidenza 2.057,67 contagi ogni 100mila abitanti), contro i 1.108.961 della settimana 3-9 gennaio (incidenza 1.871,43) con un aumento è stato del 9,95 per cento, molto più basso rispetto al +62,92 del 3-9 gennaio rispetto al 27 dicembre-2 gennaio e al +163,69 del 27 dicembre-2 gennaio rispetto al 20-26 dicembre. Insomma la curva flette verso l'appiattimento.
Gli attuali positivi sono 2.548.857, dei quali la grandissima parte (il 99,20 per cento) sono asintomatici in isolamento domiciliare. I ricoveri crescono piano: nei reparti ordinari ieri c'erano 18.719 pazienti Covid (349 in più del giorno precedente) e nelle terapie intensive 1.691 (14 in più). Quanto ai decessi, ieri un'altra giornata dolorosa, con 248 vittime. Per quanto angoscianti, queste cifre però hanno poco a che vedere con Omicron, che si è diffuso nelle ultime settimane, mentre come si sa l'esito fatale del Covid arriva spesso al termine di un percorso lungo settimane o mesi, e quindi è probabilmente ancora molto legato alla variante Delta.
Ma forse la conferma più esplicita dell'avvicinarsi della fine dell'ansia da Omicron arriva leggendo tra le pieghe della flash survey dell'Iss, che stima all'81 per cento dei casi la penetrazione della variante Omicron sul territorio nazionale sulla base dei sequenziamenti effettuati il 3 gennaio (il 20 dicembre la percentuale era del 21). Ma la cosa più interessante riguarda le differenze tra le varie regioni. L'unica al 100 per cento, la Basilicata, ha i dati ospedalieri tra i migliori in Italia, e infatti è tra le poche ancora in bianco. I ricoverati in area non critica sono 93, con un tasso di occupazione del 18,99 per cento, molto inferiore alla media nazionale del 28,70 per cento; e i pazienti Covid in terapia intensiva sono solo 2, con un tasso di occupazione dei 79 posti disponibili del 2,53 per cento, rispetto a una media nazionale del 18,29 per cento. Dall'altra parte c'è la Valle d'Aosta, che ha una prevalenza di Omicron appena del 33,3 per cento, la più bassa in Italia. E non a caso la piccola regione alpina da oggi sarà la prima a tornare in arancione.
E poi uno studio condotto dalla Case Western Reserve University School of Medicine di Cleveland mostra infatti che la nuova variante causa circa un terzo di ricoveri e accessi in terapia intensiva rispetto alla Delta. Insomma, dove c'è Omicron c'è speranza. Con la «s» minuscola.
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