Il «partito dei giudici» è ufficialmente rinato. E vuole «sabotare» il governo Meloni. Assemblee, scioperi, diktat e invettive a mezzo stampa: le toghe affilano le armi per la guerra santa contro l'esecutivo. Il fronte è largo. E va da Piercamillo Davigo a Silvana Sciarra: le correnti rosse della magistratura sentono l'odore del sangue. Ieri i magistrati contabili si sono riuniti in una lunghissima assemblea, stile Pci, dalle 9 del mattino fino alle 18. Alla fine hanno partorito un atto (l'ennesimo) d'accusa contro il governo: «Netta contrarietà alle due norme che sottraggono al controllo concomitante della Corte dei conti i progetti del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza e prorogano l'esclusione della responsabilità amministrativa per condotte commissive gravemente colpose, tenute da soggetti sia pubblici che privati, riducendo di fatto la tutela della finanza pubblica. Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile ma la tutela dei cittadini», si legge nel testo. Nonostante il documento, il fronte non è compatto: un pezzo moderato della magistratura contabile condivide l'impianto dei provvedimenti proposti dal governo. Il Pd subito monta sul carro dei pm: «Giusta la denuncia dell'Associazione dei magistrati contabili che in questo modo viene messa a rischio la salvaguardia della legalità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa», attacca Debora Serracchiani. Ma quello dei giudici della Corte dei Conti non è stato l'unico affondo arrivato ieri contro il centrodestra. Giuseppe Santalucia, il numero dell'Anm, evoca lo sciopero dei giudici contro un governo illiberale: «Ho seguito con grande attenzione la questione del controllo concomitante della Corte sull'attuazione del Pnrr. E sinceramente non riesco a comprendere le ragioni che spingono il governo a eliminarlo e perché mai una verifica in corso d'opera dovrebbe essere vista come un ostacolare che rallenta l'azione amministrativa. Io guardo a quei compiti della Corte in termini opposti, come un aiuto e una collaborazione costruttiva che può prevenire problemi maggiori e far correggere tempestivamente ciò che non va. Il pallino comunque resta sempre nelle mani del governo» dice a Repubblica. Nella stessa giornata anche il presidente dell'Anac Giuseppe Busia si scaglia contro il governo. Un fiume di accuse. Lo scontro tra maggioranza e giudici contabili è solo l'ultima fiammata in ordine da tempo. Da mesi il partito dei magistrati sta invadendo la sfera politica, in particolare il potere legislativo del Parlamento, con prese di posizioni. Sull'abuso d'ufficio Piercamillo Davigo ha dato il meglio di sé, bocciando la riforma su ci sta lavorando la commissione Giustizia della Camera: «C'è un problema di spendibilità politica di una riforma di questo genere nei rapporti con l'estero. Io ho avvertito come una ferita lancinante, da cittadino di questo Paese, vedere che le cronache belghe parlavano della vicenda del Qatar come un italian job, cioè una di quelle vicende caratteristiche degli italiani, noti per la corruzione nel loro Paese e cose di questo genere.
Mi ferisce perché non è vero o comunque non è del tutto vero, ma dà l'idea del prezzo di immagine che pagherebbe l'Italia se violasse una convenzione di questo genere, che badate bene è una convenzione delle Nazioni unite, non una convenzione bilaterale che si può risolvere», diceva la toga in audizione a Montecitorio. Un partito che si estende fino alla Consulta con le bacchettate della presidente Silva Sciarra sui diritti civili in particolare sul tema delle adozioni gay. Nessun campo è scoperto: il partito dei giudici c'è.
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