L'emergenza sanitaria sembrava almeno aver portato una ventata di digitalizzazione «forzata» sul Bel Paese, compreso l'e-government. Ma in realtà l'Italia è ancora indietro: nella classifica Ue per i servizi pubblici digitali, infatti, siamo al 18esimo posto su 27, rosicchiando appena una posizione rispetto al 2020.
A rivelarlo è uno studio del Csel, il centro studi enti locali, commissionato dall'Adnkronos. Un dossier dal quale emerge come solo il 36 per cento dei cittadini nell'ultimo anno ha fatto ricorso a servizi di e-government, contro il 30 per cento dell'anno precedente. Ma l'incremento relativo perde di significato se si considera la media della Ue, che è a quota 64%, e se si aggiunge che sotto la soglia del 40 per cento, oltre all'Italia, ci sono solo Romania e Bulgaria. Insomma, digitali ma non troppo, come osserva il Csel ricordando appunto che «nonostante la grossa spinta data dalla pandemia, che ha costretto molti cittadini a familiarizzare con strumenti prima completamente sconosciuti, gli enti pubblici italiani non tengono il passo con quelli dei nostri vicini di casa». Eppure, ricorda il dossier del Centro studi, la digitalizzazione dovrebbe essere la chiave di volta «per modernizzare il Paese e abbattere le barriere che frenano la nostra crescita», tanto che pure il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato il punto come «una delle sue direttrici cardine». Anche per recuperare il terreno perduto rispetto ai partner Ue che sul tema tengono un passo più spedito. Lo conferma anche il Desi 2021, ossia l'indice di digitalizzazione dell'economia e della società, che vede l'Italia salire di cinque posizioni (dalla 25esima alla ventesima) ma solo grazie alla rimodulazione degli indicatori, che rende le due classifiche difficilmente comparabili. Siamo 20esimi su 27, e mentre le imprese nostrane si difendono bene (decime su 27), mentre è proprio la Pa ad arrancare e a inchiodarci nella parte bassa della classifica (18esima su 27), insieme alle scarse competenze digitali degli italiani. Secondo il Csel, «la ragione principale è data dal fatto che il nostro Paese è significativamente in ritardo rispetto ad altri paesi dell'Ue in termini di capitale umano», vantando (si fa per dire) «livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi». Per capirci, solo il 42% degli italiani fra i 16 e 74 anni è in possesso di competenze digitali di base.
Quanto ai servizi pubblici digitali, l'Italia è sopra la media Ue per due dei quattro valori che formano la classifica, ottenendo buoni punteggi nei servizi pubblici digitali per le imprese e negli Open data, mentre le carenze riguardano la disponibilità di moduli precompilati e i servizi pubblici digitali
rivolti ai cittadini, due campi nei quali il punteggio italiano è ben al di sotto della media europea. Il combinato disposto, spiegano gli analisti Csel, porta a un punteggio totale «di 63,2 contro una media europea del 68,1».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.