Roma - Angelino Alfano, ministro degli Esteri, scopre l'acqua calda. Alla vigilia di Ferragosto, in piena crisi idrica, si fa intervistare dalla tedesca Bild e ripete: «Sulla questione immigrati l'Europa ci ha piantato in asso». Per chiudere con il botto: «Il programma di relocation non funziona. Questo significa che i profughi rimangono in Italia». A stretto giro arriva dalla Commissione Ue quella che sembra una risposta immediata alle lamentele di Alfano: «Le necessità del piano operativo dell'operazione Triton sono concordate con le autorità italiane. Tali livelli vengono sempre monitorati e aggiustati alla situazione, se necessario». Insomma, ci fa sapere l'Ue proprio nei giorni in cui gli sbarchi stanno diminuendo drasticamente, «se l'Italia facesse richiesta di un maggiore impegno l'Agenzia valuterà un rafforzamento». Così, in un solo botta e risposta, si apre un nuovo scenario, che è probabilmente scontato, ma volutamente trascurato. La linea dura dello «sceriffo» Minniti può aiutare a coprire le inadempienze della politica estera italiana e in particolare dell'inquilino della Farnesina.
Così una partita internazionale finisce per diventare uno scontro interno al sistema politico italiano. Due giorni fa è stato Roberto Fico ad aprire una nuova spaccatura sul terreno pentastellato. «La logica dei respingimenti è aberrante», ha detto il grillino ortodosso, rispondendo alla linea già dettata da Grillo-Casaleggio-Di Maio. Ma è soprattutto dentro la maggioranza, come nella sinistra di governo, che le spaccature si moltiplicano. Alfano, in verità, non fa testo: la sua ultima dichiarazione serve soprattutto a ribadire la necessità di stabilire una linea di galleggiamento. Più interessante (o preoccupante) quello che si muove a sinistra e all'interno del Pd. Lo scontro Minniti-Delrio, sceriffo e scout, ministri di Interno e Infrastrutture, ieri non poteva che riprendere quota. Il pretesto è semplice, un'altra Ong decide di sospendere le attività in mare. Così anche Save the Children, dopo Medici Senza Frontiere e Sea Eye, ora vuole «capire se ci sono le condizioni di sicurezza». Allora la corrente dello scout Delrio riprende fiato. L'ala catto-comunista dell'esecutivo non può tacere, non vuole. Suggerisce, per ora sottovoce: «Senza Ong in azione il governo sarebbe responsabile direttamente davanti a una nuova tragedia dell'immigrazione in mare». Questo dice una parte della sinistra di governo, quella che si ispira al mondo cattolico, che ha spinto Delrio a «far pace» con Renzi per frenare insieme una possibile leadership di Minniti e che ieri esultava al nuovo messaggio d'accoglienza di Papa Francesco. C'è poi un'altra sinistra di governo che pare più pragmatica, che ieri gongolava perché la ricetta dello «sceriffo rosso» porta dati confortanti: a luglio gli arrivi sono calati del 57%, il dato più basso dallo stesso mese del 2014. E in questo nuovo scenario si fa strada nel Pd un possibile ticket elettorale Minniti-Orlando, una coppia che nei mesi scorsi sembrava improbabile e ora non lo è più. Raccontavano, in via Arenula che il ministro di Giustizia «dimenticasse» la sua firma e preferisse parlare di «decreto Minniti». Ora, pragmatico come sempre, il Guardasigilli riconosce che la ricetta può funzionare, che il «decreto Minniti-Orlando» ha tamponato per un mese l'emergenza sbarchi.
I suoi, informalmente, tagliano corto, ma certo non puntano il dito contro lo sceriffo e spiegano: «Che ne pensa Orlando del caso Ong? Il ministro ripete che è sempre necessario non fare di tutta l'erba un fascio». Bisogna saper distinguere. Anche tra gli ex comunisti.
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