Il Csm punisce il pm Colace. Intercettò un parlamentare

Il magistrato trasferito a Milano e declassato a giudice civile. Il dem Esposito, spiato 500 volte: "Abusi puniti"

Il Csm punisce il pm Colace. Intercettò un parlamentare
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Alla fine il verdetto arriva ed è una mazzata. Il pm di Torino Gianfranco Colace viene declassato dalla Sezione disciplinare del Csm: per lui trasferimento a Milano, dove non rappresenterà più l'accusa ma svolgerà le funzioni di giudice civile. Inoltre, viene inflitta al magistrato la perdita di anzianità di un anno. Una pena molto importante nell'ambito delle sanzioni previste per le colpe delle toghe. Colace ascolta il verdetto, poi scuote la testa ed ad alta voce esprime il proprio disappunto: «Non è giusto».

«Mi ero sbagliato, pensavo sarebbe finita in niente», commenta invece Stefano Esposito, l'ex senatore del Pd che fu ascoltato illegalmente qualcosa come cinquecento volte fra il febbraio 2015 e il marzo 2018. Colace avrebbe dovuto bussare al Senato, invece centotrenta di queste conversazioni furono utilizzate per puntellare un'evanescente richiesta di rinvio a giudizio per corruzione, turbativa d'asta e traffico di influenze. E, dettaglio davvero sconcertante, la gip Lucia Minutella dispose senza fiatare il processo per l'imputato. Ora il Csm condanna il giudice alla sanzione,più leggera, della censura. Ora la vicenda si chiude, anche se Esposito ha pagato un prezzo altissimo: «Mi hanno rovinato la vita e sono stato costretto ad abbandonare la politica. Ma alla fine gli abusi sono stati puniti».

In prima battuta era stata la Corte costituzionale a radere al suolo i capi d'imputazione, mandando al macero le intercettazioni illegittime. Poi, era intervenuta la Cassazione che aveva bacchettato la procura pure sul tema della competenza, spostando tutto a Roma. Infine, i pm della capitale avevano chiesto e ottenuto l'archiviazione di ciò che restava delle accuse.

Ora la situazione si capovolge, arrivando a un risultato paradossale e quasi senza precedenti: un politico denuncia un pm e il pm viene condannato per aver violato la legge.

Proprio oggi a Torino arriverà la sentenza per l'ultimo troncone che riguarda il principale coimputato di Esposito, l'imprenditore Giulio Muttoni, per una coda di due episodi di corruzione. Gran parte dei roboanti capi d'imputazione è evaporata nel tempo ma resta agli atti la via crucis patita dall'uomo, impigliato per troppi anni in una selva di procedimenti collegati e in parte avocati, altro fatto singolare, dalla procura generale di Torino. Muttoni ha subito lo stigma di un'accusa pesantissima, come l'associazione a delinquere di stampo mafioso, poi finita sul solito binario morto; ha visto andare in pezzi il suo piccolo impero, attivo nel mondo dello spettacolo. E contro di lui si sono accumulate addirittura 33.000 intercettazioni. Un numero strabiliante che mette a disagio.

Oggi, l'ultimo atto. Ma la svolta arriva al Csm, dove il metodo Colace viene punito con durezza. Ma ci si chiede come si sia arrivati a questo punto così avvilente e mortificante, rimbalzando su una serie interminabile di intercettazioni indirette e occasionali, sempre sull'utenza di Muttoni, amico di Esposito, che occasionali non potevano essere. Perché quasi subito la polizia giudiziaria aveva compreso che la voce ascoltata e trascritta era quella di un parlamentare, protetto dallo scudo delle guarentigie costituzionali.

A Palazzo dei Marescialli, Marcello Maddalena, l'ex procuratore della repubblica di Torino, che difendeva Colace, ha provato a insinuare il dubbio «sull'opinabilità» della norma ma la Disciplinare non ha seguito il suo ragionamento.

Si può notare che negli ultimi tempi il Csm, guidato dall'avvocato Fabio Pinelli, ha avuto la mano pesante nel giudicare gravi scivolate delle toghe, in vicende di corruzione o, come questa, di mancato rispetto della norma.

La Disciplinare non è più quella, perdonista, di qualche anno fa.

La svolta è arrivata, ma forse fuori tempo massimo: la riforma sulla separazione delle carriere, oggi al vaglio del Parlamento, prevede fra l'altro la creazione di un'Alta corte, esterna al Csm. Anche la Disciplinare, se la riforma proseguirà il suo cammino fino al probabile referendum finale, finirà al macero.

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