Una volta si chiamava macchina del fango. Nell'epoca social si usa materia ancor meno nobile, la cosiddetta shitstorm che per due giorni ha preso di mira senza sosta Alberto Gerli, fresco di nomina nel Cts formato Draghi. Alla fine l'ingegnere padovano, ha ceduto: «A seguito delle inattese e sorprendenti polemiche esplose all'indomani della mia nomina, ho ritenuto opportuno rinunciare all'incarico così da evitare al Cts e alle Istituzioni in generale ulteriori, inutili ostacoli e distrazioni rispetto alle importanti e difficili decisioni che sono chiamati a prendere».
Parole che rivelano un certo senso delle istituzioni. Ma qual è il peccato originale di Gerli che gli ha attirato tante critiche? Secondo i suoi detrattori, l'aver sbagliato previsioni sulla pandemia con i suoi modelli matematici. Un ricercatore dell'Ispi ha ricostruito tutte le «profezie», innegabilmente, errate da Gerli. Come quando, a fine gennaio, vaticinava che il Veneto sarebbe andato in zona bianca a fine febbraio. Oppure l'imminente calo dei contagi in Lombardia. Ma le vere colpe, a ben vedere, sono altre. A partire dall'essere critico verso il lockdown, provvedimento che nonostante i suoi tanti limiti, è diventato oggetto di fede, specie tra chi lo vive a stipendio fisso. Ma, soprattutto, i numerosi ritratti al veleno dedicati dal solito circo politico-mediatico all'esperto di big data e startupper, hanno una cosa in comune: insinuano che Gerli è «in quota alla Lega» (seccamente smentiti da Salvini), includendolo tra i difetti del curriculum. Ma basta il sospetto. E infatti, in alcuni articoli critici, l'ingegnere viene accomunato nell'elenco dei nomi discutibili nel Cts, a Giorgio Palù, virologo di fama, ma reo di aver collaborato con Luca Zaia. Sarà una coincidenza, ma il ricercatore dell'Ispi che per primo è partito all'attacco di Gerli è molto attivo in ricerche sull'immigrazione tese a smontare le tesi di Matteo Salvini. E tra i detrattori che elencano le previsioni sbagliate di Gerli non manca il Fatto Quotidiano, cioè il giornale che ha dato uno spazio fisso per tutta la pandemia a Maria Rita Gismondo, la direttrice di laboratorio dell'ospedale Sacco di Milano secondo cui il coronavirus era «poco più di un'influenza». Molto critico anche Nicola Fratoianni, compagno di partito del ministro Roberto Speranza quello che, a proposito di previsioni lungimiranti, ha dovuto far sparire il suo libro in cui celebrava la vittoria sul Covid.
Ovviamente, lo shitstorm richiede di condire le critiche estrapolando frasi e informazioni fuori contesto attraverso i social. Vedi il Domani che intitola il suo affondo contro l'ingegnere Cosa ci fa un giocatore di bridge nel nuovo Cts?, come se giocare a carte fosse la sua unica competenza.
La verità è che tutti prima o poi in questa pandemia hanno sbagliato previsioni. Un medico ascoltato come Massimo Galli a fine settembre sosteneva: «Non mi aspetto una grande seconda ondata». E chi non ricorda il report dell'Istituto superiore di sanità che prevedeva 151.000 in terapia intensiva a giugno se fosse finito il lockdown? O Zingaretti che brinda alla faccia del Covid? Ma anche gli errori sono meno gravi se hai il cuore dalla parte (politica) giusta.
Sbagliano, soprattutto, i modelli predittivi matematici, come spiega un altro membro del Cts, Donato Bruno che, ricordando i flop dell'Imperial College
di Londra, esorta a considerare «i risultati dei modelli indicazioni preliminari e non indicazioni strategiche». Ma questo, ovviamente, vale solo se non servono a gettare fango a destra. Quella sì che è una scienza esatta.
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