C'è chi ci ha costruito sopra una pagina social che mette in fila tutte le sue ridicole bassezze; c'è chi l'ha scambiata per l'ultimo film di Vanzina e cerca Boldi e De Sica fra i candidati; c'è chi la trova la peggiore della storia repubblicana, chi la migliore (perché è durata poco). C'è chi se la aspettava grave quanto il momento storico e si è ritrovato in uno sketch infinito dei Monty Phyton, c'è chi se la aspettava moderata nei toni e invece non è passato giorno senza sentir parlare di marce supposte e marcescenze reali, golpe, corruzione, guerre, fame, carestia e cavallette. È stata la campagna elettorale, bellezze. E - oltre a lasciarci un senso di nausea - ecco cosa ci ha insegnato.
Aborto. Il prezzemolo di ogni insalatona elettorale dagli anni '80. Stavolta è in salsa marchigiana, e ad usarne generose manciate è la chef Chiara Ferragni, che di punto in bianco ha deciso che - da quando governa Fratelli d'Italia, dopo una vita di amministrazione rossa - nella Regione è impossibile interrompere le gravidanze. Marche, una versione retrograda dell'Alabama: l'unica differenza è che invece di crocefiggere gli afroamericani, lì l'hobby locale è tirare di fioretto. Livello di veridicità della denuncia, dati alla mano: sottozero. Durata della polemica: 36 ore. Vale la pena citare Elio e le storie tese: «Gli ombrelloni ripiegati e le sdraie / un'altra estate che se ne va / io qui che mi ritrovo da solo / a pensare all'aborto/ Aborto aborto batti un colpo se ci sei / aborto aborto, come andiamo, è tutto occhei? / Obiettori e referendum che follia / a in aborto vince la tua fantasia». Agenda Draghi. La Smemoranda di oggi, ma meno di sinistra. A un certo punto andava a ruba, ogni partito correva in cartoleria per accaparrarsela, senza Agenda Draghi eri uno sfigato, tipo quelli senza zaino Invicta. Passata di moda in tre settimane, giusto il tempo che tutti leggessero cosa c'era davvero dentro e realizzassero che la campagna elettorale è una festa mobile: nessuno vuole davvero rovinarla con la realtà. Agenda Draghi al macero. A parte Calenda, così demodé che fosse per lui a scuola ci andrebbe ancora col grembiulino. Lacoste, ovvio.
Avversario. Te lo insegnano alla scuola materna: non guardare cosa fa il tuo compagno, pensa a te stesso. Se lui si butta dal ponte, lo fai anche tu? Ma la classe politica è ancora all'ultimo anno del nido, quindi passa le giornate a spifferare alla maestra che l'amichetto si scaccola. Secondo un'analisi di Pierluigi Vitale, docente all'Università di Salerno, quasi il 50% dei post sui social media nel primo mese di campagna elettorale era veleno sull'avversario. Fascista, comunista, putiniano, assistenzialista, violento, porco, ti puzzano i piedi, arbitro cornuto. «L'avversario»: così nella Bibbia si definisce Satana. Demonizzare: voce del verbo «fare campagna elettorale in Italia (soprattutto a sinistra)».
Bolletta. Al momento è la carta più importante d'Italia, che al confronto la Costituzione vale come il bugiardino del Moment. È l'unica cosa che conta, si seguono le oscillazioni del gas ad Amsterdam con la stessa brama ossessiva dello spread nel 2008 o dei contagiati in pandemia. E si attende il salvatore che ci liberi dal male. Dalla bolla papale alla bolletta partitica.
Bus elettrico. Uno dei momenti più tristi, ancor più dei corgi della Regina accucciati davanti alla bara. Una cosa da magone, era dai tempi di Olvier Twist rimproverato per la richiesta di una porzione di minestra che non ci veniva così da piangere. Enrico Letta parte in tour con un orrido bus elettrico evidentemente rubato all'oratorio delle Carmelitane gretine di Capalbio e subito quello lo lascia a piedi. Una vera scossa all'elettorato ambientalista. #fridayforfuture, ma anche #facciamolaunarevisioneognitanto.
Catastrofi. Era dal governo Mosè (esecutivo balneare finito maluccio) che non si vedevano tante piaghe messe insieme. Dall'alto del suo Ulivo ardente, la sinistra è riuscita a fare di meglio, e in caso di vittoria della destra ha vaticinato nell'ordine: la cacciata dell'Italia dalla Ue, gli Usa che ci invadono come il Kuwait, Putin che annette il Triveneto come la Crimea, Mattarella deportato sul Gran Sasso, la bancarotta del Paese, le rivolte del pane manzoniane, il Pnrr ritirato per indegnità come la paghetta della nonna, un nuovo Ventennio e la persecuzione di tutte le minoranze, gay, immigrati, disabili e portatori di cravatta. La cosa incredibile è che - a parte le cravatte - tutto il resto l'hanno detto davvero.
Devianze. Parola dell'estate, tormentone alla «petaloso». Una (Meloni) che la sceglie dal vocabolario del perfetto retrogrado, fra un «invertito» e un «plutocrate». L'altro (Letta) che non trova di meglio da fare che non lanciarsi in un «viva le devianze» così, per ripicca. Oh, finalmente un leader che ha il coraggio di esaltare tossicodipendenze, alcolismo, vandalismo, risse, depressione, violenza. E poi dicono che non sanno convincere i giovani: Pd, partito deviato.
Extra-profitti. Non una band come gli «Extra liscio», anche se sempre di balletto si tratta. Sono il nuovo male del momento, il guadagno insanguinato che i cattivissimi gestori dell'energia hanno tratto dal caro-materie prime. E quindi dàgli all'untore extra-profittatore! Da lì arriveranno le risorse per salvare il Paese, si ristabilirà la giustizia proletaria e l'ingordo capitalista pagherà caro e pagherà tutto. Che però, calcolatrice alla mano, mica si sa quanto fa. Dieci miliardi? Mmm, sono 2, che faccio lascio? Nel dubbio, io speriamo che ci pensa l'Europa.
Flat tax. La pietra filosofale, l'ircocervo, Atlantide, la pillola contro la sbronza: la «tassa piatta» entra nel Bengodi delle creature fantastiche, delle invenzioni che potrebbero cambiare il mondo ma «loro» ce ne privano, come gli dei greci col fuoco. Ci vorrebbe un Prometeo di centrodestra che la donasse all'umanità. We have a dream: una busta paga con le trattenute al 20%, ma il rischio di svegliarsi tutti bagnati esiste. Dal terrapiattismo al tassapiattismo il passo è breve.
Gas. Lo abbiamo già citato, ma come fisica insegna le sostanze gassose si diffondono ovunque. «Noi siamo qui che respiriamo a fatica, e lui viene ad appestarci con i suoi gas», diceva il geometra Calboni al ragionier Putin. O era Fantozzi, chissà. Fatto sta che il metano, lungi dal dare una mano, è diventato materia prima dei comizi. Si cerca un tetto, si vuole un rigassificatore, soluzioni a tutto gas che passano anche dal cuocere la pasta scaldandola fra le mani, quando la verità è solo una: ci dovevano pensare prima, a diversificare le fonti energetiche. Gas esilarante.
Guanciale. Una certezza, ci era rimasta: il Pd di Enrico Letta sarà un po' grigio e burocratico, ma è serio. E invece no, ecco il colpo di genio, la «svolta spiritosa» del politbjuro. Era dalla Bolognina che non si vedeva una sterzata così sgraziata. Tutto nasce dai manifesti elettorali dem, che riducono la complessità del mondo a logiche da Curva Sud di San Siro: nella metà nera i cattivi di destra che stanno con Putin e vogliono riscaldare il pianeta bruciando petrolio, carbone, libri di Umberto Eco e cuccioli di cane; nella metà rossa gli eletti moralmente superiori che stanno con le forze del bene e puntano a utilizzare solo energia cinetica derivata dal giramento di gonadi attivato dall'ascolto di certi discorsi. Insomma, per rispondere a chi faceva notare che la realtà è un filo più complessa, Letta ha sfoderato l'ironia all'amatriciana: i cattivi usano la pancetta, i buoni «guanciale tutta la vita». Riuscendo in un colpo solo a disgustare: a) gli elettori dem imbarazzati dalla cialtroneria; 2) i vegani; 3) gli autori del Terzo segreto di satira a cui ha rubato le idee. Verrebbe da piangere, ma poi spunta il manifesto Kleenex o Tempo e ricominciamo daccapo.
Hybris. Che in greco si traduce con «Calenda». Nessuno come lui mai, nell'albo d'oro dei pieni di sé con la monomania dell'autostima gonfiata a 12 atmosfere. Ogni frase, un insulto a qualcuno o qualcosa, lo hanno sentito dare dell'impreparato anche al Bimby. A volte offende pure alcune versioni obsolete di se stesso, sostituite da nuovi aggiornamenti del software dell'arroganza. Lui è lui, gli altri non sono un Renzi. Ha dalla sua la forza dell'umarell, la scienza infusa di chi ha passato anni a guardare gli altri lavorare scuotendo la testa e bofonchiando che bisognava fare tutto diverso. Ciak, cantiere, Azione!
Ilary. Di lei e Totti non ne ha parlato nessuno nei comizi, stranamente. Ma in privato mica crederete che davvero i leader guardino le tribune elettorali, su. Che poi se ritroviamo i Rolex e le borse griffate sistemiamo il debito pubblico, dai.
Jet privati. Non bastava accapigliarsi sul guanciale, serviva scendere ancora più in basso nella voragine del cringe, ovvero la categoria dell'imbarazzante. Ci ha pensato la Sinistra radicale, che in una magnifica prova di circolarità ottusangola ha emulato Maria Antonietta. Per lei, il popolo senza pane poteva cavarsela con le broche. Per Fratoianni, l'Italia in crisi energetica può cavarsela vietando i jet privati. Che sono 133 (pochissimi), inquinano 5 volte più di quelli di linea (tanto), ma soprattutto fanno incazzare il proletariato (tantissimo). Lotta di classe energetica.
Liste. Se i leader sono usciti vivi dalle trattative per la scelta dei loro candidati, possono farcela in qualunque contesto. Tra armate di paracadutati, battaglioni di mercenari, doppiogiochisti traditi e passati al nemico e colonnelli degradati sul campo, al confronto, la pace fra Kiev e Mosca è una bazzecola.
Manifesti. File e file di laminati metallici grigi. Qui e là, un «credo», un «pronti», un Calenda e un Conte che si guardano con sguardi marpioni incrociati. Gli attacchini tutti senza lavoro, i vecchi manifesti non servono più e in città gli spazi adibiti sono tutti vuoti o con i rimasugli strappati delle elezioni precedenti. Dalla politica-immagine, alla politica meglio-se-non-ci-facciamo-vedere-troppo-in-giro.
Numero. 3355930411: il numero di cellulare di Clemente Mastella, che lo ha reso pubblico in conferenza stampa. Lui risponde a tutti gli elettori, mica come certi che fanno rispondere agli assistenti pure su Twitter. Come sempre, se si gioca a pallone vincono i più bravi. Ma se si abbassa il livello e si appesantisce il campo, allora il più figlio di buona donna la porta a casa. E di tutti questi, Mastella fa un sol boccone: beati monoculi in terra caecorum.
Pillola. Rimanendo in tema di vecchi volponi, Silvio Berlusconi ha iniziato la campagna elettorale promettendo dentiere gratis. Cori di battutine. Poi, con la formula del piccolo comunicato quotidiano, la «pillolina» elettorale, pian piano salta fuori che la comunicazione del Cavaliere funziona. Una volta si gioca la battuta del «vota comunista», un'altra ammazza una mosca in diretta, un'altra fa appello alle donne perché «più bello di Letta». È il contrario di Matrix: pillola rossa, fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai, tipo che la patrimoniale è bella e il reddito di cittadinanza è utile; pillola azzurra, resti nel paese delle meraviglie.
Peppa Pig. La mascotte suina di una campagna elettorale in cui le porcate di certo non si sono risparmiate. Una puntata del cartone animato in cui la giovane portatrice sana di prosciutti ha una compagna orsetta polare con due mamme è finita al centro della polemica. Il responsabile cultura di Fdi, uno che ha ben chiare le priorità del dibattito, ha intimato alla Rai di non mandarla in onda. Così Viale Mazzini ha preferito intervistare in prima serata Bernard Henry-Levy che sparava letame (per stare in tema porcate) sul centrodestra. Ah le battaglie, quelle sacrosante...
Piacenza e Piombino. Centri nevralgici del nuovo piccolo mondo moderno. Un caso di cronaca e un caso di eterno ritorno della stupidità. In Emilia si è discusso più del video di uno stupro che dello stupro stesso. In Toscana va in scena l'ipocrisia energetica bipartisan: a livello nazionale tutti a pretendere misure per affrancare il Paese dalla schiavitù energetica russa, a livello locale (quasi) tutti contrari al rigassificatore che ci aiuterebbe. Prima lezione di geografia: qual è il capoluogo del Molise? Campobasso. Seconda lezione di geografia: dove si fanno le opere pubbliche? Ovunque, ma non a casa nostra.
Presidenzialismo. Solo Carlo d'Inghilterra ha aspettato più del presidenzialismo in Italia. Ogni elezione, la stessa solfa: il centrodestra che lo propone, il centrosinistra che evoca la destituzione violenta dell'anziano residente del Colle di turno e il presidenzialismo che rimane lettera più morta della monarchia. Che poi, se si parla di laicità ed europeismo la Francia è l'esempio da seguire secondo il Pd. Se si parla di nucleare, lotta all'immigrazione clandestina e presidenzialismo, no.
Putin. Ha talmente monopolizzato il dibattito che sembra di votare per l'elezione della Duma.
Reddito. Su quello di cittadinanza, mantenuto in vita con accanimento dall'esecutivo Draghi perché nessuno si voleva assumere la responsabilità di staccare la spina prima delle elezioni a un provvedimento che è una vergogna nazionale, uno spreco di risorse e una porcheria assistenzialista pensata male e realizzata peggio, si sono punzecchiati grillini e calendini, meloniani e dimaiani. Quello dei lavoratori, in particolare della classe media, invece non interessa, non fa dibattito, non regala titoli, se si dimezza per l'inflazione nessuno minaccia sommosse di piazza. Solo un sinistro silenzio. Noncuranza di cittadinanza.
Sudore. Ci hanno detto che la politica è sangue e merda. Avevano dimenticato il terzo elemento, il sudore. È stato Salvini ad apportare la non imperdibile modifica al detto di Rino Formica, rivendicando che lui suda copiosamente, mentre Letta no. Reazione alle ironie sulla sua fronte lombarda sovente imperlata. Dai bagni di folla ai bagni di sudore, livelli altissimi.
Tik tok. Berlusconi è sbarcato sulla piattaforma social dei giovincelli dove si parla in corsivo. Un debutto accolto col sopracciglio alzato dai filosofi del giovanilismo: parla come un boomer, sembra che si rivolga ai nipoti di 8 anni. Epperò 8,5 milioni di visualizzazioni. E i filosofi? Muuuuuti.
Tetto. A forza di parlare di quello che si cerca di imporre al prezzo del gas, i parlamentari si devono essere confusi. E complice una «manina» del Tesoro, nel dl Aiuti sono finiti per demolire il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Sarà colpa di tutta questa febbre del superbonus, una ristrutturazione tira l'altra e vuoi perdere l'occasione di spostare un tetto un po' più in alto? Ci mettiamo anche i pannelli fotovoltaici, dai...
Volo. Non i voli di Stato che puntualmente vengono rinfacciati ai politici sotto elezioni. E neanche i voli pindarici a cui ci aveva abituato Nichi Vendola, che iniziava a parlare del jobs act e finiva a sproloquiare di Gaza e dei colori della poesia della vita.
No, il volo migliore della campagna elettorale è quello di Luigi Di Maio, che da ministro degli Esteri in carica la mattina si erge a statista internazionale tessendo tele diplomatiche sulla crisi ucraina e al pomeriggio va in pizzeria e si fa sollevare in estasi tipo rockstar che fa stage-diving ai concerti. Come Dirty Dancing, ma con la tarantella a fare da colonna sonora. E questo sarebbe un ministro? Dai, ci siamo capiti al volo...
Zero (Covid). Dimenticato, archiviato, tutto è perdonato e tutto è debellato. Non esiste più.
L'emergenza che ha straziato l'Italia, che ha messo figli contro genitori, partite Iva contro statali, libertari contro chiusuristi, è finita nell'armadio della stagione politica passata, come un paio di pantaloni a vita troppo alta.Il numero non piace più, gli spettatori si annoiano. Come canta Vinicio Capossela: «Sul sangue buttarono rena / ed entraron di corsa i pagliacci».
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