I fatti di Dallas“non sarebbero mai accaduti in Italia". È questa la posizione unanime dei vari sindacati della polizia di Stato italiana. Per Giuseppe Tiani, segretario del Sindacato italiano appartenenti polizia (Siap) nel sistema americano"c'è un eccesso di durezza, ma c'è il rispetto dell'autorità", mentre "in Italia abbiamo invece un eccesso di debolezza". "Lo Stato – aggiunge Tiani - non offre tutela legale agli agenti e non abbiamo più neppure il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Non siamo tutelati, finiamo sempre sotto processo".
Anche secondo Gianni Tonelli, segretario del Sindacato autonomo di polizia (Sap),"se negli Stati Uniti c'è un eccesso" nelle reazioni dei poliziotti, "qui in Italia c'è un eccesso all'opposto". "A differenza degli Usa– ha spiegato Tonelli - non abbiamo regole di ingaggio. Se una persona scappa dopo aver ucciso 40 persone gli agenti non possono sparare per fermarla, se uno mi accoltella e poi fugge è la stessa cosa". Per Daniele Tissone, segretario generale della Silp Cgil, il problema negli Usa è la diffusione delle armi. "Se si mettesse mano alla legislazione negli Usa sul possesso delle armi, questo potrebbe portare a un abbassamento del livello di tensione", ha spiegato Tissone secondo cui “la nostra normativa, forse troppo garantista, può mettere in condizioni di difficoltà gli operatori di polizia, ma serve a salvare vite innocenti".
Secondo Lorena La Spina, segretario nazionale dell'Anfp, Associazione nazionale funzionari di polizia, i due ordinamenti giuridici non sono paragonabili. "Da noi l'uso delle armi è giustificato solo all'interno di limiti ben precisi", tenendo presenti i principi della "necessità, della proporzionalità e della gradualità".
"Da noi la vita e l'integrità fisica delle persone sono inviolabili", ha aggiunto La Spina, "gli agenti sono addestrati per non colpire punti vitali e viso, l'obiettivo non è eliminare il soggetto, ma vincere la resistenza e immobilizzarlo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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