Allora, dottor Mannheimer, ci siamo. In questo equilibrio da derby calcistico sembra proprio che il parere degli italiani all'estero sia più determinante del previsto sul risultato del referendum costituzionale.
«Confermo e aggiungo, infatti, che se in Italia l'affluenza dovesse essere bassa conterà tantissimo. Non lo dico io, è una legge dei numeri».
Naturalmente partiamo dal presupposto di un sostanziale testa a testa.
«Oggi sembra sia così. Del resto negli ultimi due mesi la tendenza si è stabilizzata. Ma il fatto che all'estero abbia votato il quaranta per cento degli aventi diritto, una stima di oltre un milione e mezzo di schede, accresce il peso specifico di questo elettorato».
Renzi sperava di portare alle urne un 30 per cento di emigranti. È andata oltre ogni rosea previsione...
«Il dato è clamoroso e peserà specialmente perché i sondaggi che riguardano l'orientamento degli italiani sulle riforme si fanno solo in Italia. Qui la differenza fra il Sì e il No è intorno al 4-5 per cento e gli italiani che votano all'estero rappresentano una percentuale più alta (circa l'8 per cento) dell'intero corpo elettorale».
Si parla tanto di probabile grande astensione?
«Gli indecisi in Italia sono 30 milioni, tanti».
Che succederà dopo?
«Al netto delle possibili polemiche di chi perderà, se vince il Si Renzi potrebbe decidere per nuove elezioni e garantirsi un Parlamento più amico. Diversamente bisognerà vedere cosa farà il presidente della Repubblica Mattarella. In ogni caso il mio auspicio è che la smettano di litigare e si mettano seriamente a lavorare per il bene del Paese».
Alcune fonti londinesi insistono a prevedere gravi ripercussioni sui mercati finanziari in caso di vittoria del No: ci dobbiamo preoccupare?
«Questa mi sembra meno probabile come ipotesi...».
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