Dazi, l'avviso a Pechino: blocco dei pacchi low cost Ue, ipotesi tasse a Big Tech

Stop Usa (poi revocato) agli invii cinesi. Nel mirino di Bruxelles i colossi americani

Dazi, l'avviso a Pechino: blocco dei pacchi low cost Ue, ipotesi tasse a Big Tech
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Sembra di assistere a un litigio tra bulli che vogliono dimostrare di essere più forti dei rivali, si fanno dispetti, minacciano di usare la forza ma se ne stanno quanto più lontani possibili perché, in fondo, hanno paura di prenderle. Forse semplicistica ma abbastanza verosimile la situazione internazionale sul caso dazi. Farebbe sorridere se nel mezzo non ci fossero interessi per miliardi che di fatto coinvolgono tutti quanti. Al «li metto, ma forse dopo, però stai attento» di Donald Trump, sono seguite le trattative separate con Messico e Canada che hanno portato allo stop di trenta giorni e ora il fonte caldo è tra Stati Uniti e Cina con l'Unione europea che alza la voce e affila le armi tra dispetti, ripicche e trattative sempre aperte più o meno sottobanco.

Ieri l'ultimo capitolo ha riguardato i prodotti a basso costo realizzati e spediti in Occidente dal mercato cinese. Il servizio postale degli Stati Uniti ha annunciato lo stop temporaneo ai pacchi da Cina e Hong Kong, prendendo così direttamente di mira i colossi dell'e-commerce low cost come Temu, Shein e Aliexpress, finora esclusi dalle tasse doganali proprio per lo scarso valore dei prodotti. Subito le azioni delle società cinesi di e-commerce sono crollate alla borsa di Hong Kong in seguito a questo annuncio, fino al dietrofront delle poste americane che hanno ripreso ad accettare i pacchi. Una mossa che sa di manovra politica (e di super favore ad Amazon), che ha comunque irritato non poco Pechino. «C'è bisogno di dialogo, non di dazi», dicono da Pechino, con il ministero degli Esteri che attacca: «Esortiamo gli Stati Uniti a smettere di politicizzare e strumentalizzare le questioni commerciali ed economiche». Un passo indietro, un altro. E una provocazione. Ma anche l'Ue non resta a guardare. Se la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha aperto al mercato cinese ricevendo l'apprezzamento ufficiale di Pechino che si è detta «pronta a collaborare con una maggiore cooperazione», Bruxelles annuncia un pacchetto di azioni proprio contro i prodotti a basso costo cinesi. Aumento dei controlli doganali, protezione dei consumatori e applicazione delle regole sui servizi e sui mercati con particolare attenzione verso i pacchi di basso valore (inferiori a 150 euro), ovvero proprio quelli che interessano Temu e Shein. Secondo i dati, nel 2024 i pacchi di questo tipo sono stati circa 12 milioni al giorno per un valore di 4,6 miliardi di euro. Non solo. Per il Finacial Times la Ue starebbe pianificando di colpire le aziende della Silicon Valley se la minaccia Trump dovesse concretizzarsi. Nel mirino finirebbero le cosiddette Big Tech, da Microsoft a Google, con un danno non certo secondario per l'economica made in Usa. Una vera e propria ritorsione pronta all'uso che rientra nella strategia di difesa e contrattacco dei 27 in caso la guerra commerciale con Washington dovesse diventare realtà.

Minacce, per ora, che in ogni caso già preoccupano a livello globale. Per quanto riguarda il nostro Paese, tra ottimisti e pessimisti, si collocano le stime. Un settore chiave per l'export come la moda, dopo un 2024 con un calo di fatturato del 5,3%, vede l'ipotesi Trump come fumo negli occhi e si augura che il comparto resti immune dalla tassazione.

Mentre secondo Confcooperative i dazi americani comporterebbe un immediato aumento dei prezzi dei prodotti italiani sul mercato Usa, con una probabile riduzione delle esportazioni stimabile tra il 15-30% per prodotti come vino, olio d'oliva, formaggi dop, ortofrutta e pasta, con una perdita di fatturato ipotizzata nell'ordine degli 1,5-2 miliardi di euro l'anno. Quanto basta per prepararsi a dovere. Nessuno sembra voler arrivare davvero allo scontro ma, intanto, meglio mostrare i muscoli che non si sa mai.

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