A Ivrea gli «Anziani Olivetti» sono una istituzione, gente che tutta la vita ha lavorato in un'azienda che si identificava con la città, e che porta ancora oggi il suo passato con la fierezza dell'aristocrazia operaia. Ma ci sono decine di lavoratori Olivetti che la coccarda dell'«Anziano» non l'hanno mai potuta indossare. Perché nei reparti, nei corridoi, persino nelle mense degli stabilimenti hanno respirato amianto, e l'amianto li ha ammazzati prima che diventassero vecchi. Gente uccisa dal lavoro, in quella che una volta era la fabbrica simbolo dell'illuminismo industriale, e che invece è diventata un mattatoio. Manager, dirigenti, amministratori e padroni potevano sapere e non hanno fatto nulla, dice oggi la Procura della Repubblica di Ivrea, e chiede di processarli tutti per omicidio colposo aggravato.
È un lungo elenco, trentanove colletti bianchi e azionisti. Due nomi spiccano nell'elenco. Quello di Carlo De Benedetti, editore di Repubblica e dell' Espresso , ma anche amministratore delegato e presidente della Olivetti tra il 1978 e il 1996: diciott'anni durante i quali rimasero esposti all'amianto e si ammalarono irreparabilmente dieci dipendenti morti a molti anni di distanza; altri due si ammalarono, ma sono ancora vivi. Insieme a De Benedetti, nel provvedimento con cui la Procura annuncia la fine delle indagini - che riguardano complessivamente 14 morti - c'è Corrado Passera, che all'epoca era il braccio destro di De Benedetti, e oggi - dopo avere guidato Banca Intesa - si affaccia alla politica con il movimento Italia Unica. Ma ci sono anche i due figli di De Benedetti, Marco e Rodolfo, e suo fratello Franco, ex parlamentare Ds. E poi vip della finanza come Roberto Colaninno e Guido Roberto Vitale. E due Olivetti, Camillo e David, gli ultimi eredi della dinastia ad avere avuto ruoli di responsabilità in azienda.
«Attendo fiducioso l'esito delle indagini nella certezza della mia totale estraneità ai fatti contestati», aveva detto De Benedetti quando per la prima volta si era saputo del suo coinvolgimento nell'inchiesta. Ma ora l'indagine è finita, e le conclusioni cui sono arrivati gli inquirenti guidati dal procuratore Marco Ferrando sono ben diverse da quelle che l'Ingegnere si aspettava. «È stato portato a termine un lavoro complesso e serio, che ha fatto emergere carenze nella prevenzione di questi eventi», dice Ferrando. È un modo pacato per dire che quelle morti si potevano evitare, e che chi allora aveva l'obbligo di farlo oggi ne deve rispondere. Da oggi, ventisette faldoni coi risultati delle indagini sono a disposizione degli imputati, ma anche dei difensori degli operai uccisi dall'amianto dell'Olivetti.
Ora De Benedetti dice di aspettare fiducioso l'udienza preliminare, e si chiama fuori dicendo in sostanza che di amianto e sicurezza in genere non era lui ad occuparsi, esprimendo la convinzione che «possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all'interno dell'articolato assetto aziendale della Olivetti».
È una linea simile a quella che l'Ingegnere aveva enunciato in una intervista in cui disse «Non sapevo, la colpa di questi morti è dell'epoca di Adriano Olivetti, non di Adriano, ma degli architetti che hanno lavorato per lui». Insomma, io non c'ero ancora, o, se c'ero, mi occupavo d'altro. I pm non la pensano così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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