De Benedetti si pente: "Scalfari è un ingrato, l'ho ricoperto di soldi"

L'imprenditore a La7 parla del fondatore e poi bastona Grillo: sarebbe un disastro

De Benedetti si pente: "Scalfari è un ingrato, l'ho ricoperto di soldi"

È il giorno della grande sconfessione. Carlo De Benedetti accetta l'invito di una tv che sente amica, La7, e in particolare di una giornalista che sicuramente è un'amica, Lilli Gruber (trascorrono le vacanze insieme in Sardegna), nella sua Otto e mezzo, per smentire tutto.

Da grande saggio che tutto sa e tutti vede, l'Ingegnere si è improvvisamente trasformato, sotto elezioni, in un anziano smemorato di 83 anni, che nega passato, presente e quasi quasi anche futuro. «Non ho mai parlato con la Boschi di Etruria», «Non ho mai incontrato Gentiloni da presidente del Consiglio», «Renzi non mi ha detto niente», «Non ho mai avuto una tessera di partito», «Non fonderò mai più un giornale». Ammette solo di votare Pd e di aver parlato con Silvio Berlusconi, dopo 15 anni di silenzio.

Fino a qualche giorno fa l'Ingegnere senza macchia e senza paura affrontava a testa alta tutto e tutti e dava lezioni di macroeconomia. Consob aveva messo in evidenza lo stretto rapporto tra De Benedetti e l'ex premier Matteo Renzi a cui il patron di Repubblica avrebbe «suggerito il Jobs act». Ma la questione che De Benedetti continua a distorcere è la telefonata del 16 gennaio 2015 tra lui e l'ad di Intermonte Sim, Gianluca Bolengo. «Se passa un decreto fatto bene, salgono», afferma l'esperto di Borsa riferendosi al varo di una riforma delle banche popolari. «Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa», risponde De Benedetti. «Se passa è buono, sarebbe da avere un basket (paniere titoli, ndr)», replica Bolengo. «Togliendo la Popolare di Vicenza», taglia corto l'Ingegnere. Il 20 gennaio il dl sulle popolari passa e De Benedetti, che investì 5 milioni di euro nelle popolari, guadagnò 600mila euro in pochi giorni. «Tutto è un po' ridicolo. Era un segreto di Pulcinella la riforma delle popolari. Era nel programma di Renzi che tra l'altro non mi ha detto niente di particolare e se lo avesse voluto fare non lo avrebbe fatto davanti ad un usciere. Mi ha solo detto che la trasformazione delle popolari sarebbe stata fatta. Nessuna parola su un decreto o su una data», si difende davanti all'amica Lilli. «Al mio broker parlo tutte le mattine è una mia abitudine. Perché gli ho detto delle popolari? Perché ho pensato che questo affare sarebbe maturato un giorno o l'altro. Se avessi saputo che il mio broker aveva le telefonate registrate non avrei detto me lo ha detto Renzi, non aggiungeva niente».

Solo una cosa non nega. «Voterò Pd, non c'è altra proposta politica che possa convincermi» anche se «sono deluso da Renzi». E forse per la prima volta in vita sua fa un complimento al nemico giurato Berlusconi: «Se Di Maio diventasse premier, ha ragione mille volte Berlusconi, da questo Paese bisognerebbe scappare. Sarebbe un disastro, l'incompetenza al potere, un poveraccio». Ma si sottrae dal giochino della torre tra Di Maio e Berlusconi: «Non sono d'accordo con Scalfari, tra Berlusconi e Di Maio meglio né uno né l'altro». E svela: «Berlusconi mi ha telefonato il giorno dopo quella stupidaggine che ha detto Scalfari a Di Martedì. Erano 15 anni che non lo sentivo. Pensava fosse un input partito da me e non un'idea di Eugenio. Mi ha detto: Parliamoci, non ci sono più i comunisti, è finita la guerra. Tu sei di sinistra, io di destra ma qui esistono altri problemi per il Paese. Ma io gli ho detto che lui fa politica e io no, e che non c'era niente da dirci».

E va giù duro contro Scalfari: «Non voglio più commentare un signore molto anziano che non è più in grado di sostenere domande e risposte. Ha detto che se ne fotte delle mie critiche? Li ho salvati dal fallimento negli anni Ottanta e a Scalfari ho dato un pacco di miliardi, quindi con me deve solo stare zitto. È un ingrato». Scaramucce tra anziani.

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