Il decreto resta un fantasma: conti ballerini su tasse e Cig

Salta il cdm notturno: è resa dei conti su bonus e Irap Norme scritte e cancellate. Iv: è il gioco delle tre carte

Il decreto resta un fantasma: conti ballerini su tasse e Cig

Il governo va in lockdown. La maggioranza giallorossa non riparte: il conflitto permanente tra Pd, Cinque stelle e renziani ritarda l'inizio del consiglio dei ministri che deve licenziare il decreto Rilancio. Non c'è solo la regolarizzazione degli immigrati a paralizzare l'esecutivo: lo scontro è a tutto campo. Tasse, giustizia, riaperture, bonus e gestione dell'emergenza: il governo è un terreno minato. Da ieri si è aggiunta la resa dei conti tra il M5s e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Con l'Italia che esce dalla fase critica dell'emergenza coronavirus, riemergono tutti i conti aperti tra le forze di maggioranza. Le spine nel fianco del governo ritardano l'approvazione del decreto aprile (annunciato a marzo). Il premier si schiera con il Pd e appoggia l'attacco contro i grillini dopo la retromarcia sulla sanatoria sui migranti. Non si fa attendere la risposta piccata del M5s affidata al capo politico Vito Crimi. A metà giornata, Andrea Orlando, numero due del Pd, riaccende il fuoco contro i Cinque stelle, addebitando agli alleati le responsabilità sullo slittamento dell'approvazione del decreto: «Domenica notte abbiamo concluso una riunione di maggioranza nella quale si sono sciolti tutti i nodi politici. La mattina dopo sono sorti dubbi, legittimi per carità, nel Movimento 5 stelle. Chi è che tiene fermo il decreto?». Rincara la dose Debora Serracchiani, vicepresidente dei dem: «Abbiamo le idee chiare. Dobbiamo chiudere in fretta anche perché questi fondi sono necessari. Ovviamente ci sono dei nodi da sciogliere. Ci auguriamo che non diventino per nessuno delle bandierine» - commenta ai microfoni di Rai Radio1 In Vivavoce.

Il pre-consiglio si trasforma in un terreno di battaglia: i renziani alzano il tiro contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Più Europa chiede la defenestrazione del commissario per l'emergenza Domenico Arcuri. Si cerca un compromesso, mentre la guerriglia in maggioranza si allarga ai bonus mobilità che rischiano di sparire dalla versione definitiva del provvedimento. «Sulla mobilità della fase 2 siamo al gioco delle 3 carte: l'articolo 205 del decreto legge Rilancio sembra essere stato prima inserito, poi cancellato dal ministero dell'Economia, poi (forse) parzialmente reintrodotto, ma solo per la parte relativa al bonus dei 500 euro per l'acquisto di mezzi di micromobilità ed escludendo dunque tutto il resto, cioè le norme sulle bike lane, sulle case avanzate, sui mobility manager, eccetera», attacca il senatore di Iv Eugenio Comincini.

Nel lunghissimo pre-vertice si apre il fronte di scontro sulla cassa integrazione: mancano sia i fondi per la piena copertura della cassa integrazione del decreto Cura Italia, varato a marzo, sia risorse per misure come gli incentivi al personale sanitario. Non c'è accordo su nulla. I toni sono da campagna elettorale. La partita si sposta poi sul capitolo tasse: c'è un buco aperto dalla cancellazione del saldo e acconto dell'Irap per le imprese con ricavi fino a 250 milioni di euro. Tenendo conto che i saldi complessivi non possono essere praticamente toccati, i tecnici lavorano per cercare di far tornare i conti. Le trattative vanno avanti senza soste. Il pre-consiglio dura 9 ore mentre sulle agenzie i soci della maggioranza si lanciano accuse. Tutti cercano di piazzare le bandierine. L'Italia assiste alla resa dei conti tra Pd, premier e grillini.

Si vocifera di una svolta in nottata, con la convocazione del Cdm per dare il via libera al decreto ma, niente da fare. Slitta tutto. Sul tappeto restano morti e feriti (politici). E soprattutto un governo che dovrà prendere atto di non avere più una maggioranza politica. In fondo, forse, non l'ha mai avuta.

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