Del decreto Semplificazioni rimane una scatola semivuota

Marcia indietro sul condono, fibrillazioni sugli appalti. Alle imprese il dl non piace, ma chiedono di fare presto

Del decreto Semplificazioni rimane una scatola semivuota

Dovrebbe essere secondo il premier Conte, «la madre di tutte le riforme», il decreto semplificazioni la cui bozza ieri è arrivata in pre consiglio dei ministri dopo essere uscita da un altro faticoso vertice di maggioranza. Lunga gestazione per un provvedimento che si configura sempre più come una scatola vuota. Dentro ci sono il regime straordinario per gli appalti, il «nuovo» abuso d'ufficio, procedure più veloci per la valutazione d'impatto ambientale, il fondo prosecuzioni opere pubbliche.

Il premier ha già ceduto sul cosiddetto condono, quello che le Regioni smentiscono di aver richiesto, e che avrebbe consentito una sanatoria per gli immobili abusivi ma conformi ai piani regolatori alla data di presentazione della domanda.

Controverso l'articolo che riforma il reato di abuso di ufficio a carico di un pubblico ufficiale, uno dei punti più cari al premier, che vuole superare la «paura della firma» di funzionari e sindaci. Verrebbe ridimensionato e riferito alla sola violazione di «specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge», ovvero si configurerebbe solo nel caso di norme che non prevedono margini di discrezionalità. La contestazione del danno erariale scatta solo nei casi di dolo per azioni e non per omissioni.

E poi ci sono gli appalti, il cuore del decreto. L'obiettivo è sbloccare le opere pubbliche «consentendo alle stazioni appaltanti di affidare i contratti in modo più semplice e rapido per un periodo transitorio». Ovvero senza gara. Per un anno ci potranno essere affidamenti senza bandi per opere piccole e medie e per quelle grandi considerate urgenti. La proposta avanzata dal presidente del Consiglio è l'affidamento diretto per le opere fino a 150 mila euro (anziché di 40 mila euro), una procedura con inviti limitati a cinque imprese per quelle fino a 350mila, a dieci operatori per quelle da 350 fino a un milione, e da uno fino a 5 milioni, che è la soglia comunitaria con quindici aziende. Per importi superiori scatta la gara, ma con la possibilità di deroga per le opere di rilevanza nazionale. Per queste ultime non è prevista ma nemmeno esclusa la nomina di commissari sul modello Genova.

Il decreto prevede di velocizzare iter per ottenere la certificazione antimafia fino al 31 luglio 2021. Ma sul punto serve ancora un po' di tempo, anche perché non era presente il Guardasigilli Bonafede. «L'eliminazione totale delle acquisizioni antimafia può essere penalizzante, ma è fondamentale fornire informazioni concrete in modo che non ci siano ritardi», ha detto il ieri procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. Necessarie però «sanzioni più forti di quelle attuali» nel caso di dichiarazioni false.

In materia ambientale è prevista una velocizzazione delle procedure di Valutazione di impatto ambientale (Via) e di autorizzazioni da parte degli enti locali. Definita infine la parte sulla digitalizzazione: si vuole semplificare l'accesso ai servizi della Pa «attraverso la propria identità digitale con l'applicazione App IO».

Le imprese hanno dubbi sui contenuti delle bozze, ma hanno fretta. Ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi si è augurato che «il governo definisca e vari al più presto il decreto.

Le bozze che sono circolate finora non risolvono tutte le criticità, ma è innegabile che il problema è immenso». Intanto nel Dl Rilancio sbuca pure un bonus auto: 1500 euro dallo Stato da aggiungere ai 2000 delle concessarie per l'acquisto di veicoli Euro 6, ibridi o elettrici.

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