«Paga o ti querelo». Mentre la Camera discute della nuova legge sulla stampa che rischia di imbavagliare ancora di più i giornalisti, con multe salate, rettifiche senza possibilità di controreplica, un diritto all'oblio su internet e social network che di fatto cancella il diritto di cronaca e nessun argine alle cosiddette «querele temerarie», quelle fatte apposta per intimidire i cronisti d'inchiesta, dalla Calabria arriva l'ennesima conferma di come la libertà di stampa in Italia sia in pericolo. Ad accusare il giornalista Claudio Cordova per un presunto articolo diffamatorio è un importante magistrato antimafia alle prese con una querelle giudiziaria con un colonnello dei carabinieri. Il procuratore, probabilmente infastidito perché la storia del processo è finita sui giornali, ha scritto al giovane giornalista reggino reo di aver pubblicato due articoli - uno sul sito Il Dispaccio , uno sul Quotidiano della Calabria - che ritiene diffamatori, ma senza spiegarne il perché. Le due lettere si concludono con una sorta di «ultimatum» (scaduto ieri), che recita: «Si diffida la signoria vostra - scrive il legale Riccardo Misaggi - a voler risarcire in solido il dottor Gerardo Dominijanni, entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente, la complessiva somma di 250mila euro. (...) Decorsi i termini suddetti, in assenza di suo riscontro, sarò costretto ad adire le vie giudiziali».
«Non è una querela penale, né un'azione civile», dice Cordova al Giornale, « si parla genericamente di notizie tendenziose e lesive della reputazione», ma leggendo i due articoli di diffamatorio non sembra esserci nulla. Ma in Calabria funziona così. Soprattutto finché non ci sarà una legge contro la diffamazione che tuteli i giornalisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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