L'asfalto a pochi centimetri dal cuore. La roccia sotto la neve a un respiro dall'anima. Alex Zanardi, il nostro, vostro, di tutti Alex Zanardi sdraiato che spinge la sua handbike fra le colline toscane. E l'algido e distaccato e mai veramente amato Michael Schumacher che scia con il figlio e pochi amici tra le nevi dell'Alta Savoia. Due campioni della velocità e dei motori e della vita sempre e testardamente presa per le corna come una bestia da domare nonostante cercasse di scrollarseli di dosso ad ogni curva. Due campioni del rischio, lontani fra loro per i successi in pista, troppi il tedesco, pochi ma bellissimi il bolognese. Due campioni accomunati da un destino bastardo e insidioso perché travestito con i panni delle cose comuni della vita e fatto dei gesti semplici del nostro quotidiano. Una bicicletta, seppur strana e diversa come quella delle persone portatrici di una disabilità, e un paio di sci. Una corsa di beneficenza a metà giugno sulle morbide colline del senese e una discesa di fine dicembre sulle nevi che sembravano panna. In fondo, oggetti e momenti del nostro vivere da gente qualsiasi, non da campioni della velocità e del rischio. Solo fruscii di vita. Quello delle ruote sottili che tagliano l'aria toscana e quello affilato delle lamine sulla neve francese. Nulla a che vedere con i mille cavalli di una monoposto che sfreccia a Indianapolis o a Monza, non quelli di una Ferrari cinque volte campione del mondo. Neppure quelli delle Bmw con cui, è notizia dell'altro giorno, Alex s'apprestava a correre un'altra stagione. Solo una bici e dei pedali da spingere con le mani, solo sci e scarponi con cui danzare lungo una discesa. Non le benzine degli autodromi, non il bruciato degli pneumatici, nulla di tutto ciò. Alex, al contrario di Schumi, con il destino baro aveva già avuto a che fare ed era riuscito a sconfiggerlo. Di più ancora: l'aveva messo al proprio servizio.
Per raccontare a tutti noi che se la vita ti spezza tocca a te rimettere insieme i cocci, «perché guardami!!! lo vedi???», si può fare. Michael Schumacher questa possibilità di giocarsi una seconda vita non l'aveva avuta. Troppo gravi i danni cerebrali riportati. La neve di panna nascondeva la roccia dura. Dura come il camion contro cui è finito Alex.
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