Deutsche Bank frena la Bce: "Alzerà i tassi solo dello 0,25%"

Di sua sponte o meno, da sempre Deutsche Bank funge da megafono della Bundesbank

Deutsche Bank frena la Bce: "Alzerà i tassi solo dello 0,25%"

Di sua sponte o meno, da sempre Deutsche Bank funge da megafono della Bundesbank. Ai tempi della quarta ondata pandemica (novembre 2021) l'istituto guidato da Christian Sewing chiedeva alla Bce di alzare in fretta i tassi per contrastare l'inflazione. Dando così manforte all'allora capo della Buba, Jens Weidmann, la cui voce appariva dissonante rispetto a quelle di buona parte dei colleghi dell'Eurotower.

Ora, a un paio di giorni da una delle riunioni più delicate nella storia dell'istituto centrale, DB svela di ritenere «più probabile» una stretta di appena un quarto di punto, senza peraltro escludere uno stop alla stretta monetaria se i mercati «non si fossero ancora stabilizzati». «La porta sarebbe ancora aperta» a un giro di vite dello 0,50% solo se le condizioni dei mercati globali avessero già toccato il fondo. Difficile dire se il colosso tedesco abbia raccolto qualche spiffero uscito dai piani alti della Buba, ma di sicuro questo atteggiamento da colomba presuppone uno spostamento degli equilibri all'interno della Bce.

Quella di DB non è tuttavia una posizione condivisa da tutti. Goldman Sachs è convinta che la Bce andrà dritta per la propria strada e alzerà di mezzo punto il costo del denaro, poiché l'esposizione delle banche europee ai depositi Usa «è bassa» e i sistemi bancari dell'eurozona sono «ben capitalizzati e dotati di ampia liquidità». È probabile che sarà questo l'assunto che i falchi porteranno in consiglio per sostenere le ragioni di un ulteriore irrigidimento monetario. Se il recupero di ieri dei mercati fosse confermato oggi, la linea della fermezza finirà probabilmente per prevalere nella riunione di domani. Resta l'imperativo, per la presidente Christine Lagarde (foto), di motivare con chiarezza le decisioni prese. Più scontata appare invece la traiettoria della Federal Reserve. A parte casi isolati come Nomura, che azzarda l'ipotesi di un taglio dei tassi, e di Goldman convinta che la Fed lascerà tutto invariato, i trader accreditano ora l'80% di possibilità a un aumento di un quarto di punto dei tassi, anche alla luce dell'inflazione. Come da attese, i prezzi al consumo negli Usa si sono attestati al 6% dal 6,4% di gennaio in seguito a un aumento mensile dello 0,4% (+0,5% il mese prima); in rallentamento anche la parte core, dal 5,6 al 5,5%. Cifre che dovrebbero mettere Jerome Powell nella condizione ottimale per alleggerire la presa, dando così una mano ai mercati. Jay non può però dormire sonni tranquilli.

In un tweet, la senatrice Elizabeth Warren è andata giù dura: «Le azioni del presidente della Fed Powell hanno contribuito direttamente a questi fallimenti bancari. Affinché l'inchiesta della Fed (sui motivi del fallimento di Svb, ndr) abbia credibilità, Powell deve ritirarsi da questa revisione interna». Basta un attimo, e si passa da falco a capro espiatorio.

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