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Il disegno del Pd: un'ammucchiata con i transfughi Fi per pareggiare

Guerini e Franceschini premono sul segretario: creare un listone unico con Calenda, Renzi, Speranza e i ministri che hanno lasciato il Cav. "Bisogna vincere almeno in trenta collegi"

Il disegno del Pd: un'ammucchiata con i transfughi Fi per pareggiare

La mossa del cavallo la suggerisce Pier Ferdinando Casini, volpone di prima Repubblica, che di elezioni se ne intende (è in Parlamento dal 1983): un listone unico da Speranza a Brunetta per tirare fuori il Pd dalle sabbie mobili delle alleanze.

È la stessa richiesta che al Nazareno hanno messo sul tavolo due ministri uscenti del governo Draghi: Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. I due ministri hanno avanzato la proposta venerdì sera al segretario Enrico Letta in un incontro riservato. C'è un solo modo per uscire dallo stallo sulle intese elettorali e riportare in partita (puntando al pareggio in Senato) un Pd che si avvia alla sconfitta: l'ammucchiata. Franceschini e Guerini hanno spedito in avanti Casini (l'unico che può mettere allo stesso tavolo Speranza e Calenda) per lanciare la proposta.

È il classico ballon d'essai per testare reazioni e umori. Sul nome ci sono varie opzioni: fronte repubblicano, riformisti, fronte riformista, democratici. Chi più ne ha più ne mette. Ora la priorità è accelerare e unire le diverse sigle. Aprire le porte del listone unico ai tre ministri uscenti da Fi Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta. Il rischio di restare a casa e senza poltrone potrebbe rivelarsi una spinta decisiva. Così sotto lo stesso simbolo si rischia di ritrovare Renato Brunetta, capolista al Senato, e Peppe Provenzano alla Camera. La parte più complicata dell'operazione è convincere Carlo Calenda. In caso contrario il listone unico naufragherebbe in un istante. In Azione qualche spiraglio si apre. Parla Matteo Richetti: «Nessuno pensa di andare da soli e sbattere la porta e precludere un tema di alleanze e di dialogo. E ci rivolgeremo a chi la fiducia a Draghi l'ha votata fino all'ultimo, chiedendo però di fare sul serio. Nessuno immagina di non utilizzare lo strumento del dialogo e io non ho mai utilizzato la categoria del centro. Ma di continuare a fare la ruota di scorta di chi dice di andare a governare con un programma riformatore e poi non realizza una cosa che riguarda industria, diritti, scuola e università non so cosa farmene - dice duro il parlamentare emiliano -. Basta con chi si professa riformatore e poi non realizza nulla. Non sappiamo cosa farcene di promesse vuote», spiega il senatore.

Nel Pd oltre a Franceschini e Guerini tra gli sponsor del listone unico c'è Andrea Marcucci che già tempo fa aveva messo sul tavolo l'opzione: «Un'area che va da Letta a Renzi, da Speranza a Calenda. La propone oggi Casini. Parole sagge le sue, votiamo con il Rosatellum».

Il segretario Letta non è convinto dell'operazione, però è disponibile a valutare l'ipotesi. Il no arriva dal vicesegretario Peppe Provenzano che spinge per la corsa solitaria del Pd. «Un bluff - raccontano al Giornale fonti dem lui vorrebbe alla fine chiudere con Conte e tutta la sinistra». Posizione appoggiata anche dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. Dal fronte grillino le provocazioni continuano: «Pd complice di Draghi contro agenda sociale» attacca Danilo Toninelli.

«A spingere verso il listone unico - spiegano le fonti dem è l'analisi di Roberto D'Alimonte pubblicata sul Sole24Ore e piombata al Nazareno». Non c'è alcun possibilità di vittoria per il Pd. C'è una sola speranza: il pareggio al Senato. Al centro sinistra serve la vittoria in almeno 30 collegi uninominali per limitare i danni a Palazzo Madama e scongiurare la maggioranza assoluta al centrodestra.

Intanto mentre a Roma affonda il campo largo, in Sicilia si

svolgono primarie surreali tra Pd e Cinquestelle. In lizza c'erano Caterina Chinnici, del Pd, Claudio Fava, per i Centopassi, e Barbara Floridia, del M5s. Letta e Conte fino a ieri sera erano alleati. Ora possono salutarsi.

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