L'obiettivo è dare «un segnale forte» per far sentire «con i fatti» la «presenza dello Stato». Come anticipato lunedì durante il Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni domani sarà a Parco Verde, il quartiere di Caivano - circa 25 chilometri da Napoli - dove sono state abusate per mesi le due cuginette di 10 e 12 anni. Una risposta al grido di aiuto del parroco don Maurizio Patriciello, che proprio durante l'omelia domenicale aveva invitato la premier a visitare di persona un luogo non solo funestato dal degrado, ma che è anche nelle mani della camorra al punto che lo stesso sacerdote ha apertamente condannato «l'omertà e la vigliaccheria» della gente. Non è un caso che proprio ieri il corteo organizzato da Patriciello abbia registrato una bassissima adesione: circa duecento persone tra cui molti rappresentati del volontariato, alcuni politici e pochi abitanti del quartiere.
Meloni, però, è rimasta «profondamente colpita» da quanto accaduto a Parco Verde. Al punto che nonostante domani pomeriggio sia attesa ad Atene per un bilaterale con il premier greco Kyriakos Mitsotakis, non ha voluto comunque rimandare oltre la visita. Prima andrà a Caivano e da lì direttamente in Grecia. La premier, infatti, è convinta sia necessario mandare un «segnale forte» sul fronte della sicurezza, soprattutto in una zona così fortemente degradata. «L'obiettivo del governo è bonificare l'area», perché - aveva detto in Consiglio dei ministri - per la criminalità «non devono esistere zone franche». Una scelta, quella di Meloni, accolta con soddisfazione da Patriciello. «Che lei abbia risposto - spiega - è già un grandissimo atto di cortesia, non sempre succede che un presidente del Consiglio risponda a un parroco di periferia». «Giovedì mattina - aggiunge - Meloni sarà qui e noi la aspettiamo per ascoltare quello che ci dirà. Ha detto che ha delle proposte concrete e io non ho alcun motivo per dubitarne. Ho fiducia in questa donna ed è importante che sia una donna a venire qui».
Quello della sicurezza, peraltro, è un fronte su cui Meloni è intenzionata a spendersi anche nei mesi a venire, consapevole che il tema delle tante periferie dello Stato sia fondamentale. Un punto, peraltro, sul quale nel governo non ci saranno i distinguo che si sono registrati negli ultimi mesi su diversi dossier. Fibrillazioni che hanno iniziato a rimandare all'esterno l'immagine di un esecutivo non sempre compatto, circostanza che evidentemente non Meloni non apprezza. Anche perché con la campagna elettorale per le Europee di giugno che si avvicina è evidente che le incomprensioni rischiano di aumentare. A partire dalla legge Bilancio, per la quale le risorse a disposizione sono limitate e su cui i partiti della maggioranza proveranno a piantare le loro bandierine. Ma anche il fronte dei rapporti con Bruxelles rischia di farsi complicato, visto che la trattativa sulla riforma del Patto di stabilità (dal primo gennaio dovrebbero rientrare in vigore i vecchi vincoli pre-Covid) sembra essere piuttosto in salita. Una partita che a novembre incrocerà quella della ratifica del Mes, dossier che tornerà in Parlamento dopo la sospensiva di quattro mesi approvata lo scorso 5 luglio.
Anche per questo la premier ritiene importante compattare il governo su un fronte ampiamente condiviso come quello della sicurezza. Con un provvedimento (quasi certamente un decreto legge) su cui già da qualche settimana sta lavorando il legislativo del ministero dell'Interno.
E che prevede non solo il rafforzamento di dotazioni e organici delle forze di polizia, ma anche la semplificazione delle procedure di espulsione per i richiedenti asilo ritenuti pericolosi o che compiano atti violenti.
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