"Don Mario", il vescovo di Milano che va in bici e odia i traslochi

Mario Delpini succede a Scola: "No a sfide tra religioni. Non sono un genio, ma ascolterò tutti"

"Don Mario", il vescovo di Milano che va in bici e odia i traslochi

Milano - «Anche se il cardinale Scola ha fatto l'elogio della mia grande povertà, non vivo sotto un ponte e non ho intenzione di affrettare traslochi. Poi ci penserò». Sorride Mario Delpini, appena nominato arcivescovo di Milano da Papa Francesco, per dire ai giornalisti che non ha ancora deciso quando si trasferirà in Arcivescovado dalla Domus Mater Ecclesiae, la Casa del clero in cui abita con alcuni sacerdoti anziani, ai confini della parrocchia di san Gregorio Magno, dove scorrazzano e studiano i ragazzi dell'oratorio.

A 66 anni, che compirà il 29 luglio prossimo, colui che molti sacerdoti chiamano don Mario prenderà possesso di una delle Diocesi più grandi del mondo e avrà davanti a sé un decennio per darle una direzione il cui messaggio principale suona così: «Ricordarsi di Dio, cercare Dio, perché in una città secolarizzata come la nostra senza riferimento a Dio non c'è speranza». Così: «Nessuno si senta straniero, solo e discriminato». E così: «Non contrapporre le religioni come cammini che si sfidano».

Già solo il pensiero di non fare traslochi a Palazzo ricorda lo stile di Bergoglio, così come la scelta della bici per girare la città, la lingua che batte sulle «sacche di povertà», la richiesta di preghiere e la decisione di parlare subito, a braccio, in una specie di duetto con Scola. «Mi sento inadeguato» dice Delpini, mentre accanto alla dichiarazione di umiltà sembra baluginare anche un po' del consueto humour. Ci vorrebbe «un vescovo che sia un genio», «carismatico e trascinatore», e «invece io, dalla biografia letta, sembro un impiegato di Curia». Dice ancora di sé colui che è stato scelto dal Papa per essere il centoquarantaquattresimo vescovo di Milano: «Tutti mi conoscono. Dicono: sì, è un brav'uomo, ma arcivescovo di Milano non so se sarà all'altezza... Questo lo avverto molto». La conclusione, pur nella «continuità», è forte: «Ho bisogno di aiuto, ascolterò tutti... vorrei chiedere se si potesse ripartire».

La successione tra l'arcivescovo e il suo vicario generale sarà graduale. «Sto mettendo a posto la mia biblioteca, penso che avrò bisogno di tempo fino a Natale» diceva Scola quando la nomina era già stata decisa e aspettava solo i crismi dell'ufficialità, mentre come ultimo atto il 29 e il 30 giugno riuniva il comitato scientifico di Oasis, la fondazione per il dialogo con l'Islam che è uno dei suoi impegni, sin dai tempi in cui era patriarca di Venezia. «Speriamo di poter riposare, tra qualche giorno, tra qualche settimana» la confidenza ai suoi collaboratori. «Sono vescovo da ventisei anni e da sei arcivescovo di Milano». E ancora: «Non so come potrò utilizzare il mio tempo e le mie forze perché a un certo punto le forze calano per tutti».

È stato lui - racconta - a chiedere, quasi a insistere con il Papa per accelerare la nomina del successore. E non solo per cercare la tranquillità della canonica di Imberido, in provincia di Lecco, suoi luoghi natali, ma anche per evitare alla Diocesi «una situazione di stallo», nonostante il Santo Padre avesse detto di non «avere fretta». Così adesso Scola è amministratore apostolico della Diocesi, in attesa del passaggio di consegne formale.

La presa di possesso da parte di Delpini avverrà il

prossimo 9 settembre e il suo solenne ingresso il 24 settembre, giorno della Madonna della Mercede, anche detta della Misericordia. E pure questo sembra un legame con il Papa che l'ha voluto tra i successori di Ambrogio.

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