"Donald è l'alfiere del popolarismo La nuova ideologia è contro le élite"

Per l'imprenditore italoamericano, il neopresidente suo amico unirà America ed Europa nel segno dell'antipolitica patriottica

"Donald è l'alfiere del popolarismo La nuova ideologia è contro le élite"

New York - Il politically uncorrect come stile di leadership, cittadini e imprese libere dal ricatto della politica. A raccontare al Giornale l'America di Donald Trump, all'indomani del suo discorso di insediamento alla Casa Bianca, è Guido George Lombardi, imprenditore italiano da 45 anni negli Usa e già direttore dell'International Council for Economic Development. Ma soprattutto inquilino della Trump Tower e amico di lunga data del neo presidente, di cui ha curato la campagna ombra sui social media durante le presidenziali e per il quale informalmente fa da ponte con Europa e Italia.

Partiamo dal discorso di venerdì, il tycoon ha fatto del politically uncorrect uno stile di leadership?

«È stato un discorso storico. Nei mesi scorsi ha mostrato che a lui non piace il politically correct, anche se c'era chi pensava che dicesse certe cose solo perché era in campagna elettorale. Invece nel discorso inaugurale, che ha scritto lui, Don ha ripetuto in modo molto chiaro non solo i suoi programmi, ma anche la sua politica e la sua ideologia. A partire da America First, ossia il concetto che possiamo aiutare tutti, ma prima vengono l'America e gli americani, i cittadini. Si tratta di patriottismo. È un discorso molto logico, ma i sostenitori del politically correct ancora cercano di mettere sullo stesso piano l'amore per il proprio Paese con il nazionalismo dei tempi antichi».

Quindi è qualcosa di diverso dal populismo?

«Io ho coniato il termine popolarismo, ossia si torna a dare risalto al cittadino prima di tutto. L'altra cosa che Trump ha detto molto chiaramente, e che alcuni esponenti della politica italiana sostenevano da anni, è la decentralizzazione del potere. Basta con i politici che si sono fatti ricchi alle spese dei cittadini, il potere deve tornare al popolo, decentralizzato dalla palude di Washington».

Trump ha creato un nuovo movimento?

«Questo movimento storico è iniziato tempo fa con Umberto Bossi, con Marine Le Pen, con la Brexit. Negli Stati Uniti Trump ne è diventato la voce, ma c'era già uno scontento verso l'elite politica sia di destra che di sinistra. Durante la campagna elettorale ho visto qualche migliaio di supporter di Bernie Sanders fare i volontari per noi».

Si parla tanto di questa «amicizia» con il presidente russo Vladimir Putin, c'è il rischio che Trump si schiacci sul Cremlino in merito ai grandi dossier internazionali?

«Non è tanto un fatto di carattere o di personalità. Dal punto di vista geopolitico la Russia è assediata, a ovest c'è la cancelliera tedesca Angela Merkel, a sud gli islamisti e a est la Cina, che è più forte della Russia di oggi. Così come nel 1939 Mosca è quasi in dovere di allearsi con gli Stati Uniti e con quella che chiamo la resistance europea, quindi con Marine Le Pen e gli altri popolaristi italiani. È una questione di sopravvivenza».

Sul fronte dei Paesi anglosassoni, si sta stabilendo un Commonwealth del terzo millennio che ripartendo dall'asse Trump-May si allarga a tutti i Paesi in contrapposizione all'Europa di Bruxelles?

«Sì, parlare di battaglia contro il globalismo, come è stata descritta, è un po' scorretto. La battaglia è quella tra il popolarismo, sia in America che in Europa, ma anche in altri Paesi, e l'elite dei politici che sono lì da 50 anni. Esponenti di destra e di sinistra che continuano a scambiarsi potere e poltrone alle spese dei lavoratori e delle imprese. Oggi ci troviamo a vedere miliardari e lavoratori dalla stessa parte, perché Donald li ha uniti. Qui ci sono tante imprese che non voglio essere schiave del governo e delle sue regole».

Le faccio tre nomi: Salvini, Grillo e Berlusconi, chi ha le carte in regola per diventare interlocutore privilegiato del tycoon in Italia?

«Potrebbe essere chiunque dei tre. Non conta tanto il programma, quanto la vicinanza ideologica di chi si prende cura prima di tutto dei propri cittadini. E non parlo di anti-immigrazione, anzi il contrario.

Si tratta di condividere questa ideologia che è patriottica, liberale - ossia l'economia deve essere aperta, con poche restrizioni e poche regole - e infine guarda alla tradizione giudeo-cristiana come all'essenza della civiltà».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica